Nel giorno in cui l’Argentina festeggia i primi 40 anni del ritorno della democrazia dopo il golpe e dittatura civico-militare guidata da Videla, inizia il governo di ultradestra nonché apertamente negazionista dei crimini compiuti durante la dittatura, di Javier Milei. La narrativa anti casta dell’istrionico e turbo-liberista economista si è spenta con la nomina dei ministeri. Saranno solo 9, contro i 18 del governo peronista uscente. Visto da lontano questo taglio potrebbe mostrare un primo adempimento alle retoriche sul taglio alla spesa pubblica, ma se guardato con attenzione rappresenta la continuità di un passato già visto, con un protagonismo enorme della coalizione arrivata terza alle presidenziali, Juntos Por el Cambio – guidata di fatto da Mauricio Macrì – del capitale neoliberale e della destra argentina più storica e conservatrice.

Milei taglia i ministeri dell’Educazione, della Cultura e quello delle donne, genere e diversità, assieme a quelli dedicati alle opere pubbliche, ai Diritti Umani, allo Sviluppo del Territorio, allo Sviluppo Sociale, alla Difesa dell’Ambiente. Guillermo Francos, ex deputato del Partito Radicale e già rappresentante per Buenos Aires nella Banca Interamericana per lo Sviluppo sarà il ministro dell’Interno. Il neo-presidente ha spiegato così la sua scelta: “Guillermo è un mio amico e so che è amico di tutto il mondo della politica”. Argomentazione assai lontana dalla narrazione anti-politica che ha guidato la sua campagna elettorale. Al caldissimo e delicato ministero dell’Economia siederà Luis Caputo, già segretario alla Finanza e titolare della Banca Centrale Argentina durante il governo di Macrì. Sempre in quota Macri è Patricia Bullrich, la candidata alla presidenziali arrivata terza, che tornerà al ministero della Sicurezza dove era già stata tra il 2015 e il 2019 e dove aveva “seguito” il caso della sparizione e ritrovamento senza vita di Santiago Maldonado difendendo, come in altre occasioni, le forze di sicurezza senza se e senza ma.

Anche il nuovo ministro delle Infrastrutture è legato a Macrì: si chiama Guillermo Ferraro ed è stato dirigente di Cambiemos, la coalizione che portò l’ex presidente del Boca Juniors alla Casa Rosada. Guiderà uno dei due “mega-ministeri” di Milei supervisionando le aree dedicate al Trasporto, Opere Pubbliche, Energia, Industria Mineraria e Comunicazioni. Sarà invece un tecnico a guidare il ministero della Giustizia: si chiama Marino Cuneo Libarona, ha 62 anni ed è un avvocato penalista. Il secondo “mega ministero” sarà quello chiamato Capitale Umano e sarà gestito da Sandra Pettovello. Un ministero che imporra una svolta aziendale all’istruzione, allo sviluppo sociale e al lavoro. Pettovello è una delle anime più forti del partito di Milei nonché grande sostenitrice della privatizzazione della scuola pubblica. Proprio per gestire la parte riguardante la formazione è stata nominata “segretaria” Maria Eleonora Urrutia, colei che in un recente articolo ha scritto e sostenuto che durante la dittatura civico-militare “non si sono commessi crimini di lesa umanità perché non è stata attaccata la popolazione civile”.

La ministra degli Esteri sarà invece Diana Mondino, che durante la campagna elettorale ha dichiarato che l’Argentina deve condividere la sovranità delle Malvinas (di fatto sposando la posizione di Londra sul diritto all’autoderminazione della popolazione locale nel decidere il proprio futuro), oltre a difendere più volte l’idea di liberalizzare la vendita di organi, creando un mercato attorno ad essi. Mondino ha anche paragonato il matrimonio omosessuale all’avere i pidocchi e ha agitato l’ipotesi di privatizzazione delle opere pubbliche. È stata nei direttivi di grandi imprese come Pampa Energia e Standard&Poor’s. Mario Russo, cardiologo e già segretario di Salute nei comuni di San Miguel e Moron, sarà il ministro della Salute. Durante il suo mandato a Moron dette come indicazione di segnalare alla polizia ogni caso di “sospettato aborto”, una posizione che spinse il comune a prenderne le distanze ma perfettamente in linea, ora, con l’orda anti-femminista che Milei ed il suo governo rappresentano.

A chiudere la squadra dei ministri c’è Luis Petri, altro politico legato alla coalizione di Mauricio Macri, che sarà il titolare della Difesa. Petri era il vicepresidente candidato con Patricia Bullrich e la sua nomina marchia in maniera indelebile il tributo di Milei all’ex presidente e il ruolo centrale di Macrì nei prossimi quattro anni. Petri, avvocato, fa parte del partito Radicale, che si ritrova con due ministeri su nove nonostante al ballottaggio abbia deciso di appoggiare Massa. Grandi polemiche, infine, ha scatenato la nomina di Rodolfo Barra come governatore al Tesoro. L’ex ministro alla Giustizia nel governo di Menem e già giudice della Corte Suprema ha recentemente dichiarato “sono stato nazista, ma ora me ne pento”. Le sue parole arrivarono dopo l’inchiesta del quotidiano Pagina12 che aveva svelato il passato di Barra fatto tra le varie cose di assalti a sinagoghe e militanza in Tacuara, organizzazione di estrema destra e ultra cattolica. La nomina di Barra, forse più di altre, mostra con forza come il governo di Javier Milei non ha solo una forte connotazione politica e culturale, ma anche un radicamento nella storia della politica ultra neoliberista e di destra del Paese. Tutto tranne che un governo anti-casta.

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