Cucinereste mai in bagno? Certo che no. Allora sarebbe il caso di controllare il tagliere, dove si trita, affetta e sminuzza un po’ di tutto: potrebbe essere più sporco della tavoletta del WC. Lo spiega l’infermiera Miranda in un gettonatissimo video su TikTok. In realtà non è una grande rivelazione, già una ricerca inglese del 2019 concludeva che i taglieri di cucina sono circa 200 volte piu sporchi della tavoletta e accumulano vari tipi di batteri, tra cui i pericolosi salmonella e Campylobacter. Ma per evitare che il tagliere pulluli di germi si può fare molto.

Occhio alle contaminazioni

Come qualsiasi utensile di cucina, anche i taglieri possono porre un rischio sanitario, ma tutto dipende da come vengono usati. Occorre in primis evitare contaminazioni alimentari, cioè che un cibo venga a contatto con un’altra sostanza in grado di deteriorarlo. In particolare ci interessa la contaminazione crociata, che si verifica quando un batterio, virus o altro microorganismo si diffonde dall’alimento alle mani e ad altri alimenti e superfici. I taglieri sono ideali per questo tipo di contaminazione perché vi si lavora un po’ di tutto, anche se il rischio si pone soprattutto con carne (pollo in particolare) e pesce crudi, che possono contenere batteri e virus agguerrititi come Escherichia coli e salmonella. Tutti questi germi si diffondono facilmente se dopo aver maneggiato carne e pesce crudi non si puliscono i coltelli e si posano subito sul tagliere altri alimenti, per esempio le verdure per il soffritto. Bisogna pure lavarsi le mani e solo allora asciugarsele: anche il canovaccio può diventare un ricettacolo di germi (uno studio del 2014 ha dimostrato tra l’altro la presenza di batteri coliformi ed escherichia). Per inciso, le spugne che utilizziamo per pulire un po’ tutto possono ospitare ben 362 tipi diversi di batteri, secondo uno studio tedesco del 2017.

Taglieri separati

Le regole per la ristorazione prevedono l’utilizzo di una serie di taglieri di colore diverso: bianco per pane e latticini, rosso per la carne cruda e giallo per quella cotta, blu per il pesce, verde per frutta e insalata, marrone per le verdure cotte. Non è il caso di arrivare a tanto nelle nostre cucine, ma questo piccolo arcobaleno ci fa capire due cose: che è meglio fare un minimo di separazione tra diverse categorie di cibi (sicuramente carni e pesci crudi, che presentano un elevato rischio, devono avere un tagliere solo per sé) e che nella ristorazione si usa solo la plastica. Dovremmo farlo anche noi?

Pregi e limiti della plastica

Il rischio igienico non riguarda solo le contaminazioni crociate, ma anche i tagli e le fessurazioni che si creano quando si lavorano i cibi con il coltello, e che sono un ottimo ricettacolo per i germi. I tagli si formano tanto sul legno quanto sulla plastica, ma i taglieri di questo materiale possono andare in lavastoviglie a 60-70°, una temperatura teoricamente sufficiente per eliminare i batteri (anche se alcuni studi dissentono). La plastica crea però un altro problema: durante il taglio, si ha il rilascio di microparticelle che poi vengono ingerite, con effetti sulla salute tutti da dimostrare. Lo ha rivelato uno studio pubblicato lo scorso maggio sulla rivista Environmental Science & Technology. I ricercatori si sono presi la briga di misurare la quantità di queste microparticelle e hanno stimato che ogni anno una persona potrebbe ingurgitare 14-71 milioni di microplastica con i taglieri in polietilene e 79 milioni con quelli in polipropilene. Ovviamente anche il legno rilascia particelle, però considerate meno dannose.

Allora meglio il legno?

Le indicazioni della normativa sulla Sicurezza alimentare (CE n.178/2002 e 852/2004) non specificano quale sia il materiale migliore, ma raccomandano solo che questo debba essere facile da lavare e sanificare, e ovviamente idoneo al contatto con gli alimenti. Non esclude quindi l’uso del legno a priori, materiale naturale che secondo degli studi danesi è utilizzabile, a patto che non sia fessurato e che vengano rispettate le norme igieniche. Cosa non facilissima, per altro, perché non si può mettere un tagliere in lavastoviglie né lavarlo con acqua e sapone (resterebbe il sapore sui cibi); in ogni caso, dopo il lavaggio manualel’utensile va asciugato con cura per evitare che l’umidità favorisca la proliferazione batterica. Il problema è minore con gli alimenti secchi, ma per quelli umidi serve maggiore attenzione.

Gestire un tagliere di legno

Scegliete un prodotto di qualità, di legno duro e resistente come il rovere e il faggio, le cui fibre compatte evitano la penetrazione di acqua e particelle di cibo.
Pulitelo dopo l’uso con una spugnetta pulita e asciugatelo; per una pulizia più profonda potete strofinare la superficie con un batuffolo di cotone inumidito con poco olio essenziale di limone o timo per uso interno (occhio a eventuali allergie individuali), entrambi dalla comprovata efficacia antibatterica e antivirale. Da evitare invece succo di limone e aceto, la cui azione è blanda.
• Dopo aver lavato il tagliere sotto il rubinetto asciugatelo bene, ponendolo vicino al calorifero d’inverno.
• Ogni tanto potete rivestire l’utensile con uno strato protettivo di olio di lino, che non lascia odore né sapore.

Marmo o inox

I taglieri di questo materiale possono rivelarsi una buona alternativa. Sono più costosi, ma facili da pulire e, soprattutto il marmo, esteticamente gradevoli.

@np.miranda Needless to say, I was really grossed out when I found out this fact so here is an easy way to clean your cutting board! ##woodencuttingboardcleaning##woodencuttingboard##diy##germs##germsbegone##viral##fyp ♬ Begin The Beguine – Artie Shaw

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