L’altra faccia della crisi del Manchester City, tre pareggi e una sconfitta nelle ultime quarte partite di campionato, è il successo di mercoledì sera dell’Aston Villa sui campioni d’Inghilterra: il club di Birmingham si è imposto 1-0 e ha sorpassato la banda di Pep Guardiola, scivolata al quarto posto in Premier. Dal 2017 il City non andava così male. Da una vita il Villa non viaggiava a queste altezze. Trionfatore in Europa nel 1982 dopo l’1-0 nella finale di Coppa dei Campioni contro il Bayern – gol di Peter Withe -, l’Aston Villa è una delle sei squadre made in England ad aver conquistato il famoso trofeo con le grandi orecchie: il suo nome si aggiunge a quelli di Manchester United, Liverpool, Nottingham Forest, Chelsea e Manchester City. Il Villa ha vissuto anni tribolati: due retrocessioni (1987 e 2016), una filiera di piazzamenti mediocri, il debole raggio di sole di due Coppe di Lega (1994 e 1996) e la finale di FA Cup persa nel 2015. Il trapassato è glorioso: sette titoli nazionali, sette coppe d’Inghilterra, cinque coppe di lega e, in campo europeo, una Supercoppa Uefa da aggiungere a quella dei campioni del 1982.

Birmingham nel calcio non ha tenuto il passo negli ultimi trent’anni di realtà come Manchester, Liverpool, Blackburn, naturalmente Londra e persino Leicester, campione d’Inghilterra nel 2016. Quattordici mesi fa, il Villa navigava in cattive acque. La squadra, guidata da Steven Gerrard, stava affondando. La proprietà, la società NSWE fondata nel 2018 e rinominata V Sports nel 2021, composta dallo statunitense Wesley Edens e dall’egiziano Nassef Sawiris, risolse la crisi esonerando Gerrand e strappando letteralmente l’allenatore spagnolo Unai Emery al Villarreal. Il club spagnolo ricevette un compenso di sei milioni di euro. Emery, che aveva guidato l’Arsenal dall’agosto 2018 al 29 novembre 2019, dovette attendere il permesso di lavoro per mettersi all’opera: sette giorni di anticamera. In pochi mesi, il Villa passò dalla zona retrocessione alla qualificazione in Conference League, festeggiando il ritorno in Europa dopo tredici stagioni.

Il parco giocatori è sicuramente di qualità: il portiere campione del mondo Emiliano Martinez, i centrocampisti belgi Dendoncker e Tielemans, il brasiliano Douglas Luiz, il difensore polacco Cash, il centravanti inglese Ollie Watkins e dal 18 agosto, in prestito, l’italiano Nicolò Zaniolo. La società è ambiziosa e nel portafoglio ci sono altri club: il 29% dei portoghesi del Vitoria Guimaraes e tre partnership con gli egiziani dello Zed, i giapponesi del Vissel Kobe e gli spagnoli del Real Uniòn. Quest’ultimo, terza serie, è di proprietà della famiglia di Emery. E qui si arriva lui, il maggior protagonista del boom. Unai è uno basco del nord: la sua città, Hondarribia, confina con la Francia. Un fiume, il Bidasoa, segna il confine: a ovest la Spagna, a est la sponda francese. Emery, 52 anni, ex centrocampista con una modesta carriera, è un tipo di poche parole: interviste quasi zero, estrema riservatezza, dedizione totale e maniacale al calcio. Un tipo sveglio, astuto.

Il calcio espresso dalle sue squadre lo rappresenta: rischi limitati al massimo, linee compatte, velocità nelle ripartenze. Unai ha giocato a centrocampo, ma nel suo sangue scorre il passato da portieri del nonno e del padre: estrema attenzione alla fase difensiva. Alla guida del Siviglia, tra 2014 e 2016 conquistò per tre volte di fila l’Europa League. In Francia, in due stagioni con il PSG ha vinto una Ligue 1, due coppe nazionali, due coppe di lega e due supercoppe. Con il Villarreal, s’impose nuovamente nella finale 2021 di Europa League contro il Manchester United. Un curriculum rispettabile, espressione di un uomo che ha mantenuto saldo il legame con le origini. Quando può, torna nella sua Hondarribia: gli piace passeggiare in riva al fiume, parlare con i pescatori, godersi la vita del paese. È religioso: frequenta l’eremo di Guadalupe. Non si è mai montato la testa, ma ha la testa per gli affari: ha lasciato in un amen il Villarreal per tornare in Premier. Un uomo di mondo: ha lavorato in Spagna, Russia, Francia e Inghilterra. Ha la capacità di rispettare gli antichi legami: nell’estate 2023, forte del credito maturato con i risultati nei sette mesi di lavoro a Birmingham, ha chiesto e ottenuto la nomina dell’ex direttore sportivo romanista Monchi. Le suona spesso ad allenatori di prima grandezza: Guardiola e Klopp lo rispettano e lo temono. Non sappiamo dove potrà arrivare l’Aston Villa, ma l’impressione è che l’attuale terzo posto in Premier non sia un exploit del momento.

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