Sui requisiti per ristrutturare gli edifici è stato confermato il compromesso al ribasso, con la cancellazione delle misure più stringenti. E sebbene ci siano nuovi obiettivi intermedi di risparmio energetico al 2030 e al 2035 con obblighi su pannelli solari e sul riscaldamento da fonti fossili, anche in questo caso è stata fatta qualche concessione agli Stati. Lo stop definitivo alle caldaie alimentate a gas, per esempio, slitta dal 2035 al 2040. Gli eurodeputati e la presidenza di turno del Consiglio Ue hanno raggiunto un accordo nei triloghi sulla revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (Energy Performance of Building), la cosiddetta direttiva ‘Case green’. Si punta a ridurre le emissioni di gas a effetto serra e il consumo di energia nel settore edilizio dell’Ue entro il 2030, per poi renderlo climaticamente neutro entro il 2050.

Il lungo negoziato – Anche se la norma è stata criticata dal governo e dal centrodestra italiano per i costi che potrebbe comportare per i proprietari di immobili, il testo su cui si è trovato l’accordo è frutto di una lunga trattativa e va più nella direzione sostenuta dal Consiglio Ue e le perplessità manifestate da alcuni Paesi, tra cui l’Italia, dove il 53,7% degli edifici risale a prima del 1970. Il compromesso, in realtà, era già stato trovato dopo la maratona negoziale di ottobre, ma mancavano alcuni aspetti da definire e, questa volta, sono bastate circa due ore di negoziato. Ma l’accordo è ancora provvisorio: deve essere approvato e adottato formalmente da Parlamento e Consiglio Ue. La commissione Itre dell’Europarlamento voterà il testo il 23 gennaio. La direttiva è parte importante del pacchetto Fit for 55 ed è stata presentata a dicembre 2021 dalla Commissione Ue, secondo cui gli edifici sono responsabili del 40% del consumo energetico europeo e del 36% delle emissioni dirette e indirette di gas serra.

I requisiti per ristrutturare – Così, sebbene il testo che si avvia all’approvazione definitiva sia meno ambizioso di quello di Bruxelles, secondo il relatore dell’Europarlamento, Ciaran Cuffe, si tratta comunque di “un risultato straordinario, un progetto per la decarbonizzazione del patrimonio edilizio a livello mondiale”. Uno dei punti più controversi della direttiva è sempre stato quello dei requisiti di ristrutturazione. Nel testo approvato a marzo 2023 dal Parlamento Ue, si prevedeva che obblighi e tempi per ciascuna categoria di edificio. Quelli pubblici e non residenziali sarebbero dovuti rientrare, entro il 2027, nella classe di prestazione energetica E ed entro il 2030, nella classe D; per gli edifici residenziali almeno la classe E dal 2030 e quella D dal 2033. Obiettivo della direttiva era quello di agire prioritariamente sul 15% degli edifici più energivori, che i Paesi membri avrebbero dovuto collocare nella classe energetica più bassa, la G. Secondo i dati Istat, in Italia si parla di circa 1,8 milioni di edifici residenziali su un totale di 12 milioni. Il testo che si avvia all’approvazione definitiva non prevede requisiti di ristrutturazione europei per singoli edifici basati su classi energetiche armonizzate a livello europeo, ma gli Stati potranno definire un proprio piano nazionale di ristrutturazione, con un approccio basato sulla media sull’intero patrimonio edilizio e sul sistema nazionale di classi energetiche. A patto che si raggiunga un certo risultato.

Tutti gli step – Ed è proprio sugli obiettivi intermedi di risparmio di energia per l’intero patrimonio edilizio dei Paesi membri che si è concentrato l’ultima parte di negoziato. Si è stabilito che gli edifici residenziali più inquinanti all’interno dell’Ue dovranno ridurre il consumo medio di energia primaria del 16% entro il 2030 e, poi, tra il 20 e il 22% entro il 2035. Per gli edifici non residenziali, si parla del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2033. Il 55% della riduzione energetica dovrà essere ottenuta attraverso la ristrutturazione degli edifici con le performance peggiori. Dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti a emissioni zero, mentre per gli edifici pubblici l’obbligo partirà dal 2028. Date slittate di due anni rispetto alla proposta iniziale.

Pannelli solari e caldaie – Concordato l’articolo 9 bis sull’energia solare negli edifici: sarà obbligatoria l’installazione degli impianti solo per i nuovi edifici, quelli pubblici e quelli non residenziali molto grandi (con ampie eccezioni). Dall’obbligo di installare pannelli solari, dunque, vengono esclusi quelli residenziali. In relazione al piano di eliminazione delle caldaie a combustibili fossili, trovato l’accordo tra Parlamento e Consiglio Ue sull’inclusione nei Piani nazionali di ristrutturazione edilizia di una tabella di marcia con l’obiettivo di eliminare gradualmente le caldaie a combustibili fossili, ma si sposta dal 2035 al 2040 lo stop definitivo alle caldaie alimentate a gas. Si mantengono gli incentivi per quelle ibride (come i sistemi che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore) ma dal 2025 verranno eliminati tutti gli incentivi per le caldaie autonome.

Le reazioni e i finanziamenti – Per la relatrice ombra Isabella Tovaglieri “la casa degli italiani è salva dagli estremismi ideologici”. “È una vittoria del buon senso e del realismo sull’ideologia”, ha detto l’eurodeputata della Lega, componente della commissione Industria del Parlamento europeo. “La casa degli italiani è salva grazie all’impegno e alla determinazione con cui Lega e governo si sono battuti contro gli estremismi ideologici della direttiva Case green, che avrebbe imposto ai proprietari una salatissima eco-patrimoniale europea promossa da verdi e sinistra”, aggiunge l’europarlamentare. Sollevato anche il presidente della Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa: “Un approccio che elimina gli obblighi diretti per i proprietari, lasciando agli Stati maggiori libertà d’azione”.

I contrari – Per Tiziana Beghin, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, l’accordo rappresenta “una buona notizia, nonostante alcuni compromessi al ribasso, voluti in particolare da alcuni Paesi membri” e alcuni obblighi posticipati. “Nel futuro tutte le caserme, scuole, università e ospedali pubblici – aggiunge – dovranno utilizzare l’energia fotovoltaica e questo investimento comporterà anche un notevole risparmio per lo Stato e quindi per tutti i cittadini”. Resta aperto il dibattito su come finanziare questa transizione. “Mentre il governo Meloni tace perché non ha nessun modello di sviluppo da proporre, la premier francese Élisabeth Borne apre all’utilizzo dei fondi europei per la riconversione edilizia. Noi siamo ancora più ambiziosi – aggiunge Beghin – serve una emissione di debito comune, un nuovo Recovery fund che finanzi un Superbonus europeo. Su questo lavoreremo nella prossima legislatura europea perché nessun proprietario di casa debba rimanere indietro”.

Twitter: @luisianagaita

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