Si complica la battaglia tra Tesla e i sindacati del Nord Europa. La più grande organizzazione di lavoratori della Danimarca ha deciso di rispondere all’appello dei collegi svedesi e quindi di unirsi allo sciopero avviato da questi ultimi contro il gruppo di Elon Musk. I sindacati chiedono all’azienda di aderire al contratto collettivo recependone norme e diritti. In Svezia lo sciopero dura ormai da sei settimane e la mobilitazione sta ricevendo il sostegno di numerose altre categorie, dagli elettrici, ai portuali, sino ai dipendenti del sistema postale. Una solidarietà trasversale che ha fatto imbufalire Musk al punto da avviare una improbabile causa legale contro le poste svedesi per la mancata consegna delle targhe delle vetture elettriche di nuova immatricolazione. Ora ad allungare la mano sono i lavoratori di un altro stato che annunciano di unirsi in uno “sciopero di solidarietà”, bloccando così le consegne di auto in tutta la regione scandinava. Una presa di posizione che taglia sul nascere l’opzione a cui sembrava voler ricorrere Tesla, ossia quella di tagliare fuori i portuali svedesi, utilizzando solo manodopera danese. Gli interessati hanno replicato che, a breve, smetteranno di movimentare le macchine di Musk.

“IF Metall e i lavoratori svedesi stanno combattendo una battaglia molto importante per tutti. Quando chiedono il nostro sostegno, ovviamente siamo dalla loro parte. Proprio come le aziende, il movimento sindacale è globale nella lotta per proteggere i lavoratori”, ha affermato Jan Villadsen, presidente del sindacato danese 3F Transport. “Anche se sei il più ricco del mondo, non puoi semplicemente stabilire le tue regole. Abbiamo alcuni accordi sul mercato del lavoro nella regione che devono essere rispettati se si vuole fare impresa qui”. Segnali giungono anche dalla Norvegia, dove il più grande sindacato di settore si è già detto pronto a bloccare l’arrivo di vetture Tesla nel paese. In Finlandia il sindacato dei trasporti si riunisce giovedì per valutare, a sua volta, azioni di solidarietà. Dal canto suo Musk si limita a definire “folle” l’azione dei sindacati.

La Svezia è il quinto mercato europeo per Tesla e la firma di qualsiasi accordo con i sindacati svedesi costituirebbe un precedente per l’azienda. Tesla si è opposta con aggressività agli sforzi di sindacalizzazione in altri paesi in cui opera. Ma in Svezia, più che altrove, i contratti collettivi sono la regola e riguardano circa il 90% di tutti gli svedesi che lavorano. L’allergia di Musk alle organizzazioni dei lavoratori è ben nota anche ai sindacalisti statunitensi. Ma qualche crepa nella granitica posizione anti sindacale dell’azienda inizia a vedersi. In quanto produttore di vetture elettriche Tesla non è stata colpita dagli scioperi dell’United Automobile Workers che hanno spinto Ford, Gm e Stellantis a firmare rinnovi contrattuali con aumenti a doppia cifra e riduzione degli orari di lavoro. Tuttavia il gruppo è nel mirino dei sindacati che non fanno mistero di volerlo coinvolgere nel prossimo giro di rinnovi. Intanto iniziano a prendere forma i primi nuclei sindacali all’interno dei siti produttivi. La solidarietà internazionale tra lavoratori di uno stesso settore, e non solo, è un punto su cui stando insistendo molto i sindacati statunitensi e del Nord Europa. Se prendesse piede, potrebbe ridefinire equilibri di forza, negli ultimi decenni drammaticamente sbilanciatisi a favore dei datori di lavoro, in virtù del facile ricatto della delocalizzazione all’estero.

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