di Diletta Dini

La scorsa settimana si è celebrata la 35esima Giornata Mondiale contro l’Aids e, alla COP28, la prima giornata dedicata alla salute all’interno di questo vertice come momento istituzionalizzato per riflettere sul chiaro nesso tra crisi climatica e salute. Secondo le stime dell’Oms, ogni anno oltre 12,5 milioni di persone muoiono a causa di malattie associate ai rischi ambientali, compresi quelli legati ai cambiamenti climatici. Si tratta di un decesso su quattro. Non è mai stato così chiaro che la crisi climatica è una crisi sanitaria, una crisi che supererà quella che abbiamo visto con il Covid-19.

Dopo anni di lotta contro una pandemia devastante, il settore sanitario a livello mondiale – ma soprattutto nel Sud del mondo – sta ancora lottando per riprendersi e recuperare i profondi rallentamenti subiti nel tentativo di raggiungere la copertura sanitaria universale, la produzione e somministrazione indiscriminata di cure e trattamenti medici. Come la risposta mondiale al Covid-19 ci ha dimostrato, di fronte a grandi minacce per la salute, l’umanità può unirsi e affrontare le sfide più drammatiche – insieme agiamo e reagiamo per il bene comune. È inaccettabile che, nel 2023, con tutte le tecnologie e gli strumenti a disposizione, si registrino morti per malattie prevenibili come l’Aids, la tubercolosi e la malaria.

A queste sfide, si aggiungono gli sviluppi di un ecosistema in fase di cambiamento. Le condizioni climatiche estreme, più calde e più umide, stanno aumentando i terreni di coltura per gli insetti portatori di malattie con una crescita di focolai di malattie trasmesse dalle zanzare. Stiamo assistendo a un aumento delle epidemie di colera a causa di inondazioni e siccità che riducono l’accesso all’acqua potabile. Inoltre, a causa del cambiamento climatico, un numero sempre maggiore di persone sfollate rischia di perdere l’accesso ad assistenza sanitaria e a vaccinazioni di routine, mentre aumentano i rischi in condizioni di vita precarie che vedono un accesso limitato ad acqua pulita e cibo nutriente.

In breve, i cambiamenti climatici minacciano di invertire i guadagni ottenuti negli ultimi vent’anni nel campo della salute e mettono a rischio i progressi futuri. Nessuna e nessuno è al sicuro da questa crisi, ma le persone la cui salute viene colpita per prima e in modo peggiore sono quelle che vivono nei Paesi che hanno fatto meno per causare la crisi climatica. Oltre la metà della mortalità in eccesso dovuta ai cambiamenti climatici entro il 2050 si verificherà in Africa, una regione già alle prese con un elevato carico di malattie.

L’Africa è afflitta da molte epidemie – dalla tubercolosi (TB) all’Hiv/Aids, dalla malaria alla poliomielite – ma il continente ha anche lavorato per decenni per combattere queste minacce. La chiave per sconfiggere queste malattie mortali consiste nel rivolgersi all’interno delle competenze esistenti e nel trovare soluzioni a livello locale. Questo sarebbe non solo la cosa più etica, ma anche la traduzione di un principio di equità in pratica nel garantire il diritto di ogni individuo a una vita sana, indipendentemente dalla sua provenienza geografica.

Quello di cui abbiamo bisogno sono maggiori finanziamenti per sistemi sanitari resilienti al clima, in grado di proteggere tutte e tutti, ovunque, dagli impatti devastanti dei cambiamenti climatici sulla salute. Ma è necessario che siano piani sul lungo termine che sostengano gli operatori sanitari in prima linea, che rispondano della scalabilità della produzione di un nuovo vaccino, l’equità dell’accesso e l’economicità delle cure. La dipendenza da finanziamenti esterni e l’instabilità economica possono mettere a rischio i programmi di prevenzione e trattamento.

Per questo, è fondamentale creare modelli finanziari robusti e garantire che i paesi colpiti possano sviluppare capacità finanziarie per sostenere autonomamente tali iniziative, investendo in istituzioni finanziarie internazionali come le Banche Multilaterali di Sviluppo, che forniscono supporto finanziario e tecnico per progetti di sviluppo in vari paesi del mondo. Queste banche agiscono come intermediari tra i paesi membri e forniscono risorse per affrontare sfide socioeconomiche e promuovere lo sviluppo sostenibile.

Ogni euro investito nella salute globale si traduce in un miglioramento della ricerca medica, delle infrastrutture sanitarie, di conoscenza e di condivisione di risorse e tecnologie per affrontare sfide sanitarie future. Tutto questo però non può realizzarsi senza la cooperazione internazionale. Il nostro impegno deve concretizzarsi anche attraverso il finanziamento di organizzazioni come GAVI e il Global Fund, per garantire che i vaccini salvavita raggiungano coloro che ne hanno più bisogno.

Dobbiamo unirci ad altri paesi, condividere le nostre esperienze e lavorare insieme per rendere le malattie prevenibili un capitolo del passato. La geografia di queste malattie mostra con nettezza e precisione la distribuzione delle disuguaglianze su scala globale. Sconfiggerle, in campo sanitario e non solo, è un obiettivo che abbiamo a portata di mano. Credo che vivere in un mondo in cui la salute sia garantita come bene comune globale di base significhi che ogni individuo, indipendentemente dalla sua origine, reddito o posizione geografica, abbia accesso a una cura di qualità. E mi aspetto che diventi realtà: perché abbiamo tutte le risorse per questo.

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