Pagare la mafia per potere lavorare tranquilli. È ciò per vent’anni ha fatto la società guidata dall’attuale presidente di Confindustria Catania Angelo Di Martino. L’imprenditore e il fratello Filippo, entrambi volti di una delle più importanti ditte di autotrasporti attive in Sicilia, sono tra le vittime del giro di estorsioni scoperto dalla procura di Catania nell’ambito di un’indagine sugli affari degli Ieni, nota famiglia legata alla criminalità organizzata etnea. Il blitz, scattato venerdì, ha portato a 18 arresti. A finire dietro le sbarre anche gli eredi del defunto boss Nuccio Ieni, Dario e Francesco, e la moglie Francesca Viglianesi.

A gestire il taglieggiamento dei due imprenditori sarebbe stato proprio Dario Ieni, il minore dei figli del boss ma ritenuto anche quello di maggiore spessore criminale. Il 31enne, secondo gli inquirenti, avrebbe agito per il tramite dello zio Giovanni Ruggeri. Nell’ordinanza firmata dal gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo, viene riportata una serie di visite che, tra il 2020 e il 2021, Ruggeri avrebbe fatto nell’azienda dei Di Martino. Per i magistrati Assunta Musella e Fabio Saponara, gli incontri sarebbero serviti per prelevare le somme di denaro che periodicamente gli imprenditori cedevano al gruppo criminale. I soldi venivano poi girati da Ruggeri alla famiglia Ieni, consegnandoli, nella fase in cui il boss era in carcere, nelle mani della moglie. Il tutto fino al 18 dicembre 2021: quel giorno Ruggeri si reca nello stabilimento della ditta di autotrasporti per riscuotere la tranche natalizia del pizzo, ma non sa che a seguire i suoi movimenti sono gli agenti della Squadra mobile che, una volta in strada, lo superano a bordo di un’auto sbarrandogli la strada. Addosso a Ruggeri vengono trovati quattromila euro in contanti.

A confermare che quel denaro è frutto di un’estorsione sono gli stessi imprenditori. Agli investigatori Filippo Di Martino racconta di avere iniziato a pagare da inizio anni Duemila, spiegando che tutto era iniziato con la richiesta di contribuire al sostentamento delle famiglie dei carcerati. In principio, aggiunge l’imprenditore, la somma sarebbe stata di duemila euro all’anno, divisi in due rate, ma con il passare del tempo era lievitata fino a un importo complessivo di ottomila euro. Che si trattasse di una estorsione ormai radicata nel tempo emerge anche dalle parole pronunciate dagli esponenti del clan che, alla luce dell’arresto di Giovanni Ruggeri, non ritenevano verosimile la possibilità che la polizia si fosse mossa in seguito a una denuncia dei Di Martino: “Questo è vent’anni che paga”, è la frase intercettata dagli investigatori in cui vengono immortalati i dubbi di Dario Ieni, il figlio del boss.

Chi, invece, ha offerto agli inquirenti, coordinati dall’aggiunto Ignazio Fonzo, la cornice di motivazioni su cui poggiava la decisione di pagare il gruppo mafioso è Angelo Di Martino. Il 79enne imprenditore – presidente di un gruppo che opera anche nel Nord Europa, nella penisola iberica e fino al Nord Africa con un fatturato da oltre 400 milioni di euro – di lì a 18 mesi sarebbe diventato il numero uno di Confindustria Catania, eletto all’unanimità dopo essere stato designato come unico candidato. Agli inquirenti che gli hanno chiesto delle consegne di denaro effettuate dal fratello, Di Martino ha detto: “Le persone a cui corrisponde l’estorsione sono mafiosi e pertanto ha insistito di pagare per evitare ritorsioni e lavorare tranquilli”.

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