Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, rinviato a giudizio per rivelazione di segreto sul caso Cospito, avrebbe esercitato pressioni sul Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per ottenere il documento con cui il collega di partito, Giovanni Donzelli, attaccò alla Camera il Pd, accusando i parlamentari che avevano fatto visita all’anarchico e di voler aiutare i mafiosi al 41 bis. Secondo quanto riporta La Repubblica, per la procura di Roma Delmastro ha “violato il dovere di segretezza imposto” ad atti “non accessibili per ragioni di ordine e sicurezza pubblica”, ma proprio per per permettere al suo collega di partito di fare quelle dichiarazioni in sede parlamentare, scatenando prima la polemica e poi un’inchiesta con strascichi istituzionali e uno scontro tra magistrati e governo. Documenti da recuperare così in fretta da utilizzare anche un pony express.

Delmastro avrebbe tentato anche di evitare le indagini sostenendo Donzelli gli avesse chiesto informazioni “dopo aver letto un articolo su Repubblica sulla visita a Cospito”. Articolo pubblicato, ricostruisce Repubblica, il 31 gennaio mentre la richiesta al Dap era stata precedente di uno o due giorni. fosse invece di 24 o addirittura 48 ore prima. Secondo la ricostruzione Delmastro avrebbe chiamato il capo del Dap, Giovanni Russo, un paio di gironi prima dell’articolo. Il sottosegretario chiede a Russo le informative “sia del Gom che del Nic in relazione al caso Cospito”. L’anarchico, accusato di strage, già condannato per una gambizzazione e detenuto al 41bis, dal 20 ottobre aveva iniziato lo sciopero della fame. Un’azione che nel corso del tempo aveva portato al rischio che potesse essere usata anche dalla criminalità organizzata. I boss mafiosi sperano, grazie all’iniziativa di Cospito, di vedere cancellato o comunque attenuato il regime di 41 bis.

Quando la delegazione del Pd con l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, Debora Serracchiani, Walter Verini e Silvio Lai visita Cospito per verificare le sue condizioni di salute, i boss si fanno avanti. I dem spiegano che si è trattato di uno scambio di “poche frasi di circostanza”. Secondo la relazione del Gruppo operativo mobile (Gom) della Polizia penitenziaria invece, lo scambio con il camorrista Di Maio durò vari minuti ed ebbe a oggetto proprio il regime di carcere duro. Riconoscendo Orlando, si legge, l’uomo dei Casalesi gli disse: “Ora siamo inguaiati“.

Un modo, scrivono gli agenti, per dire “che prima, nel periodo in cui era ministro, si stava meglio, mentre ora si sta peggio”. Ecco che per mettere nel mirino l’opposizione le relazioni diventano importanti e Delmastro le chiede espressamente a Russo le relazioni del Gom e del Nucleo investigativo centrale della Penitenziaria. Quindi parte la pressione per avere le relazioni in cui sono annotate i commenti dei detenuti e altro. A verbale l’ex capo del Gom, il generale Mauro D’Amico spiega agli inquirenti che “il 30 mattina la segretaria del Dap continuava a premere per ottenere la relazione”, l’ora viene fissata alle 14.30 del giorno successivo. Poco dopo Donzelli deve intervenire in aula. “Redatto l’appunto l’ho fatto partire a mezzo di un motociclista” spiega l’ufficiale ma non basta perché viene richiesta la trasmissione in Word del medesimo appunto nella sola parte “relazione” perché in un primo invio che era stato effettuato il 30 gennaio non si faceva menzione della delegazione dei dem e dei dialoghi.

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