In primavera ha concluso i sei mesi entro i quali dire tutto ai pm, da neo collaboratore di giustizia. Ora si attendono determinazioni sul suo status di pentito. E per rafforzare gli esiti di questa collaborazione – così da poterne eventualmente trarne benefici carcerari e sconti di pena – il “boss dei Van Gogh” Raffaele Imperiale ha ceduto alle autorità italiane un’isola di sua proprietà. La notizia è stata resa nota dal pm di Napoli Maurizio De Marco nel processo col rito abbreviato che vede Imperiale imputato insieme a una ventina di persone. Per lui la Procura ha chiesto 14 anni e 10 mesi di condanna. Il pubblico ministero ha anche consegnato alla gup Maria Luisa Miranda delle memorie contenti due manoscritti in inglese con il quale Imperiale notifica la sua decisione, traducendone e spiegandone il contenuto.

L’isola si trova in un arcipelago di fronte a Dubai, dove il potente narcotrafficante camorrista ha trascorso molti anni di latitanza dorata. L’isola si chiama Taiwan e Imperiale ha intenzione di consegnarla alle autorità italiane come fece anche per due preziosissimi quadri di Van Vogh. Nel corso della requisitoria il pm De Marco ha ricordato i sequestri finora eseguiti, tra cui figurano anche un imponente arsenale trovato lo scorso marzo a Giugliano in Campania e l’acquisizione, del “tesoretto” in bitcoin, del valore di 1,8 milioni di euro, annesso lo scorso 16 novembre al Fondo Unico Giustizia.

Il processo in corso riguarda le accuse contenute in un’ordinanza di custodia cautelare eseguita nel novembre dell’anno scorso. Alla sbarra con Imperiale anche i suoi più stretti collaboratori, tra cui il socio Bruno Carbone, il contabile Corrado Genovese, il capo della logistica, Daniele Ursini.

Nel corso dell’udienza gli avvocati sono tornati alla carica per sollevare l’eccezione – già proposta durante le precedenti fasi del procedimento e finora respinta – riguardante l’utilizzabilità delle chat Encrochat e Sky acquisite e decodificate dalle autorità francesi, e facenti parte del compendio accusatorio della Dda di Napoli. I legali degli imputati sperano nei riverberi della recente “sentenza Renzi“, la decisione della Consulta che ha stabilito che messaggi e chat sono utilizzabili solo se acquisiti con l’ok di un giudice.

Il giudice ha sospeso l’udienza per considerare l’istanza, ma ha rigettato la richiesta di sospensione avanzata dagli avvocati che ritenevano invece opportuno attendere il pronunciamento delle sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione circa l’utilizzabilità di quelle conversazioni.