I ragazzi italiani sono dei buoni futuri cittadini. La generazione che sta crescendo in compagnia dell’intelligenza artificiale, della pandemia e dei nuovi conflitti, non si è arresa: si interessa alle questioni politiche e sociali, ha ancora fiducia nella democrazia e spera nel voto anche se ha perso sempre più fiducia nei confronti dei politici, della Giustizia e dei media tradizionali. Insomma, a livello internazionale ce la caviamo anche perché gli altri Paesi vanno peggio di noi. A dare questo quadro è l’International Civic and Citizenship Education Study, un’indagine internazionale promossa dalla Iea (International association for the evaluation of Educational Achievement), presentata questa mattina dall’Invalsi, nella sala Aldo Moro, del ministero dell’Istruzione e del Merito.

La ricerca ha coinvolto trenta Stati e 226 scuole del nostro Paese, indagando aspetti legati alla cittadinanza globale, allo sviluppo sostenibile, alle migrazioni, alle evoluzioni dei sistemi politici tradizionali e all’uso delle tecnologie digitali per l’impegno civico. Risultato? “I dati italiani sono costanti, – spiegano Laura Palmerio, responsabile dell’area indagini internazionali di Invalsi e Sabrina Greco, co-national research coordinator Iea Icc – non migliorano rispetto al 2016 ma sono migliori rispetto al resto dei Paesi coinvolti”.

Una magra consolazione. Sette Paesi e lo Stato tedesco Renania settentrionale-Vestfalia hanno registrato medie nazionali significativamente superiori alla media internazionale di 508 punti e otto significativamente inferiori. Spagna, Lituania, Paesi Bassi, Francia e Slovenia hanno medie nazionali che non si discostano in modo statisticamente significativo da quella internazionale. In Italia gli studenti hanno raggiunto un punteggio medio di 523, significativamente superiore alla media internazionale.

Partiamo dai numeri positivi. In Italia, la percentuale di studenti molto o abbastanza interessati alle questioni politiche e sociali è superiore a quella media internazionale (39% vs 30%). E’ la famiglia ad avere un ruolo importante nella formazione dell’interesse civico degli studenti che con gli amici parlano meno che con i genitori ma comunque in misura maggiore rispetto al 2016. Ad essere più sensibili al tema sono le ragazze: il divario di punteggio è di 27 punti a favore delle studentesse “ed è statisticamente significativo”, dicono i ricercatori. Interessante notare che a fare la differenza sono proprio le famiglie: nei Paesi Iccs 2022, gli studenti con status socioeconomico più elevato hanno dimostrato una conoscenza civica mediamente più elevata rispetto ai ragazzi con status socioeconomico più basso. L’indagine ha valutato tre fattori: l’istruzione dei genitori, la presenza di libri in casa e l’occupazione di mamme e papà.

Altro dato a favore dell’Italia: i nostri studenti dichiarano di essere più propensi a partecipare alle elezioni in futuro rispetto alla media internazionale, seppure con un calo nel punteggio rispetto ai cicli precedenti. In media, a livello internazionale, il 74% degli studenti si sono detti d’accordo sul fatto che la democrazia “è ancora la migliore forma di governo per il proprio paese”; percentuale che risulta più alta in Italia (83%). Rispetto alla partecipazione non mancano luci e ombre: se la media (37%) a livello internazionale registra l’attivismo ad associazioni di volontariato che svolgono attività di assistenza nella comunità locale, da noi si ferma al 24% mentre la partecipazione a gruppi/organizzazioni di ispirazione religiosa sale al 43% rispetto alla media degli altri Paesi che è del 33%.

Ma veniamo agli aspetti negativi: la fonte più comune di informazione riguardo alle questioni politiche e sociali tra gli studenti della secondaria di primo grado resta la televisione, con il 50% degli studenti che ha riportato una frequenza almeno settimanale nell’uso di questa fonte. Seguono l’uso di Internet (29%) e la lettura di giornali, compresi quelli online (21%). Tuttavia, nel periodo tra il 2016 e il 2022, si è osservata una forte diminuzione nell’uso della televisione come fonte di informazione, che è scesa dal 66 al 49% in media nei Paesi che hanno partecipato ad entrambi le rilevazioni. Numeri che vanno a braccetto con quelli che riguardano l’Italia dove, rispetto al precedente ciclo, si evidenzia un calo nella fiducia di oltre dieci punti percentuali rispetto ai media tradizionali (-15%) e al parlamento (-13%).

La partecipazione politica attesa degli studenti italiani è superiore a quella media internazionale e costante rispetto al 2016 ma la conoscenza civica non risulta associata alla partecipazione politica attesa. D’altro canto il giudizio sui nostri politici è tranchant: il 36% degli studenti italiani (rispetto al 44% della media Iccs) pensa che “i parlamentari rappresentano bene gli interessi dei giovani” e il 70% dei nostri ragazzi (rispetto al 62% della media degli altri Paesi) dice che “i rappresentanti politici non si preoccupano abbastanza dei desideri della gente”. C’è poi il rapporto con i social: la modalità di utilizzo prevalente è mettere un post su una questione politica o sociale (Ita: 33% Iccs: 24%); meno frequentemente vengono usati per condividere, commentare, postare propri contenuti su questioni politiche o sociali. I social sono un mezzo di partecipazione civica soprattutto per chi è abbastanza o molto interessato a questioni politiche o sociali. Ultimo aspetto: le preoccupazioni. Per tutti (italiani e non) la maggiore minaccia è l’inquinamento, seguita dalla carenza idrica, dai cambiamenti climatici, dai conflitti, dalle malattie infettive e dalla crisi finanziaria.

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