La comunità internazionale chiede la fine delle ostilità a Gaza e di procedere con passo deciso verso la soluzione dei ‘due popoli, due Stati’. L’unica, sostengono la maggior parte delle cancellerie mondiali, in grado di dare pari dignità a israeliani e palestinesi e di mettere così fine a decenni di guerre. La lettura non combacia certamente con quella di Hamas, ma nemmeno dell’attuale governo israeliano: alle 18 di venerdì, mentre è ancora in corso la tregua con le milizie islamiste della Striscia di Gaza, il consiglio dei ministri di Tel Aviv voterà infatti una proposta di bilancio che al suo interno prevede stanziamenti per la costruzione di nuove colonie illegali nei Territori occupati, in violazione delle risoluzioni Onu sui confini antecedenti al 1967: circa 121 milioni di euro per attività connesse allo sviluppo delle colonie. Un’eventualità fortemente criticata in primis dall’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Ue, Josep Borrell, che si è detto “sconvolto nell’apprendere che nel mezzo di una guerra il governo israeliano è pronto a stanziare nuovi fondi per costruire altri insediamenti illegali. Questa non è legittima difesa e non renderà Israele più sicuro. Gli insediamenti rappresentano una grave violazione del diritto internazionale umanitario e rappresentano il più grande problema di sicurezza di Israele”.

Da quanto emerge dalla documentazione ufficiale mostrata su Twitter da Itay Epshtain, consulente del Norwegian Refugee Council, dei 121 milioni di euro, circa 23 milioni saranno destinati alla costruzione di insediamenti, 9,5 milioni a operazioni che lui definisce di “ricerca e distruzione di aiuti umanitari finanziati dall’Ue nell’Area C della Cisgiordania”, 7,3 per le accademie militari nei Territori occupati, 343mila euro per l’espansione degli insediamenti israeliani a Hebron e oltre 80 milioni per rifornire di armi i coloni e i loro “squadroni di guardia civile”, come più volte richiesto dal ministro per la Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir.

Si tratta di un provvedimento talmente estremista, oltre che illegale secondo il diritto internazionale, che anche all’interno del nuovo esecutivo, nato dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, e del gabinetto di guerra si sono generate delle spaccature. Come riporta il Times of Israel, Benny Gantz domenica ha minacciato di togliere il proprio appoggio al governo Netanyahu nel corso del voto sul bilancio se tutti i fondi non saranno reindirizzati alla copertura delle spese e delle necessità imposte dal conflitto in corso. Gantz non vuole intestarsi un provvedimento che rischia di attirare nuove critiche dalla comunità internazionale, anche in vista delle elezioni che con ogni probabilità si terranno al termine della guerra. Così, in una lettera a Netanyahu ha spiegato che stanziare ingenti somme per bisogni che non riguardano la guerra “danneggerà la resilienza nazionale e l’unità sociale israeliana”: “In questo momento, tutta la società israeliana deve condividere il peso. L’opinione pubblica lo sa e il governo deve agire di conseguenza”, ha affermato. Ma il premier ha già detto che non farà alcun passo indietro, pressato come è dall’ala più estremista dell’esecutivo, e sostiene che la proposta “risponde alle esigenze della guerra”. Adesso, però, arrivano anche le prime critiche internazionali. Una su tutte, quella di Borrell.

Twitter: @GianniRosini

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