In una riunione a Crans-Montana con i dirigenti della Fifa, gli inglesi lanciano una sfida agli ungheresi per un’amichevole da disputare l’anno seguente, in occasione dei 90 anni dalla fondazione della Football Association. L’Inghilterra al Mondiale in Brasile di due anni prima, esordio nella competizione, è uscita malamente, sconfitta anche dai dilettanti americani. Adesso nel dicembre 1952 vuole recuperare una supposta superiorità, che rivendicava non partecipando ai mondiali, ma organizzando in casa, sempre nel mese di novembre per avvantaggiarsi dal clima e dalle condizioni del terreno di gioco, un’amichevole internazionale contro la Nazionale più forte del momento, come ad esempio nel 1934 con la battaglia di Highbury contro l’Italia campione del mondo nel 1934. Ora “bisogna” affrontare l’Ungheria, che ad agosto ha vinto il torneo olimpico, battendo in finale la Jugoslavia 2-0.

Il ct Gustav Sebes, che del Paese magiaro è anche il sottosegretario per lo Sport, e il presidente della Federcalcio ungherese Sandor Barcs accettano la proposta, consapevoli della qualità della squadra e del lavoro svolto negli ultimi anni. L’entusiasmo ungherese non viene scalfito nemmeno da una convocazione a Mosca, l’Unione Sovietica ha paura che una sconfitta possa indebolire la forza del comunismo. Al di là della cortina di ferro usano lo sport come strumento di propaganda. Non si può insomma fare brutta figura a Wembley, sede della partita da disputare il 25 novembre 1953, esattamente settant’anni fa.

Alla vigilia i giornali inglesi sono sicuri della vittoria, con l’unica eccezione del Daily Worker (oggi in edicola come Morning Star), il quale ammette che per loro e per tutti i comunisti inglesi l’indomani sarà comunque una gioia, saranno contenti sia che la Nazionale inglese vinca sia che perda. Vittorio Pozzo non è più il ct della Nazionale italiana, ma scrive, come del resto ha sempre fatto, per La Stampa. Nei suoi articoli fa capire che prima o poi l’Inghilterra dovrà perdere la sua imbattibilità, avverte qualche scricchiolio. Era presente il mese prima alla gara con il Resto del Mondo (in campo anche Giampiero Boniperti), il 4-4 era arrivato grazie ad un rigore dubbio dato a tempo scaduto. A Pozzo piace l’idea di Sebes di costruire la formazione su due soli blocchi, quella della Honvéd e quello del Vörös Lobogó.

In occasione dell’anniversario della partita è uscito il libro autoprodotto Wembley 1953 – La partita del secolo, scritto da Alberto Furian, docente di “Storia del calcio italiano” presso l’Ute di Lignano. Partendo dalla sua tesi di laurea dal titolo “Uso politico dello sport. La partita del secolo tra Inghilterra e Ungheria del 25 novembre 1953”, ha ampliato negli anni il nucleo originale con nuove ricerche, regalando al lettore innumerevoli spunti, sia calcistici che storici. Il volume è stato presentato in anteprima alla Casa del Cinema di Venezia, grazie all’Associazione Culturale italo ungherese del Triveneto.

Il giorno del match centocinquemila spettatori rimangono sbalorditi dal fatto gli ungheresi siano scesi in campo prima del fischio d’inizio per riscaldarsi: gli inglesi erano invece abituati a stare in spogliatoio e raggiungere il terreno di gioco all’ultimo minuto. Alle 14.15 inizia la partita, quando a Budapest sono avanti di due ore per via del fuso orario. L’Inghilterra di Walter Winterbottom gioca da decenni alla stessa maniera con il sistema WM, “l’Ungheria applica il modulo MM – spiega Furian, che è anche un appassionato di tattica – ma durante la partita i due laterali Czibor e Budai si alzano facendo le ali, a volte invertendosi anche di fascia. Hidegkuti mantiene una posizione centrale dietro le due punte con Bozsik che lo affianca, mentre Zakariá si abbassa in aiuto di Lóránt. I due terzini bassi Lantos e Buzánszky sono chiamati a fare tutta la fascia, come in Italia farà Facchetti dieci anni dopo. Le due punte centrali indossano maglie con numeri non usuali per l’epoca, Sándor Kocsis l’8 e Ferenc Puskás il 10: giocano molto vicine con uno che va sulle palle alte e l’altro pronto a fare gol”.

Dopo venticinque secondi di gioco il centrale inglese Billy Wright non trova l’avversario che da prassi dovrebbe marcare, cioè il numero nove Nándor Hidegkuti, che parte da più dietro rispetto ad un classico centravanti e riesce subito a fare gol. Passano pochi minuti e lo stesso Hidegkuti va ancora in rete, ma l’arbitro Leo Horn annulla. L’Inghilterra trova il pareggio al 13’ con Jackie Sewell, che supera il portiere Gyula Grosics. Sette minuti dopo è ancora Hidegkuti a realizzare su assist di Sandor Kocsis. Poi la scena se la prende Puskas con una rete straordinaria, prima evita con una magia Wright e poi spara in porta un tiro micidiale. Sarà il gol più bello della giornata. Prima dell’intervallo è ancora Puskas a deviare in rete una punizione di Bozsik. Stan Mortesen accorcia le distanze, fissando il parziale sul 2-4. Potrebbe bastare, ma gli ungheresi nel secondo tempo non si accontentano. Al ritorno in campo dopo l’intervallo lo show della formazione di Sebes continua: tap-in di Bozsik e a seguire terza firma personale di Hidegkuti, dopo una lunga serie di passaggi e l’assist di Puskas.

Sebes stravede per Hidegkuti, che nasce come una sorta di esterno destro alto, ma l’allenatore lo sposta a fare il centrocampista dietro le punte, il cosiddetto “centravanti arretrato”. Il papà di Nándor era iscritto al partito di destra Le Croci Frecciate, al potere prima della Seconda Guerra Mondiale. Il Partito Comunista non vede di buon occhio la presenza in Nazionale del ragazzo e così Sebes per dargli credibilità agli occhi del partito fa produrre un video che mostra quanto brava è la mamma del ragazzo in qualità di capo reparto in una fabbrica di tegole. Con la signora diventata una brava comunista, allora Hidegkuti può mostrare come si gioca al pallone. La partita si conclude 3-6 perché l’arbitro fischia un rigore per gli inglesi che Ramsey non sbaglia. L’Inghilterra non aveva mai perso in casa con squadre del continente. È una sconfitta storica in una partita che verrà ribattezzata “del secolo” (non sarà l’unica).

Con la sconfitta di Wembley, l’Inghilterra che all’aspetto politico non aveva dato fin qui particolare valore, inizia a cambiare rotta. È l’ambasciatore inglese a Budapest che lancia l’allarme: pensiamoci bene prima di dare l’ok ad un match con squadre dell’est, perché sanno cavalcare bene le vittorie comuniste sull’Occidente. L’Inghilterra inizia a mettere in dubbio anche alcuni principi calcistici. Tuttavia non è sufficiente per la partita di Budapest, disputata l’anno seguente, quando l’Ungheria vincerà per 7-1. Nel 1954 ai Mondiali di Svizzera l’Inghilterra uscirà ai quarti, la straordinaria Ungheria arriverà in finale e, non senza misteri, perderà con la Germania. La leggenda dell’Aranycsapat (la squadra d’oro) ungherese si conclude qui. Prima faticano nei mesi successivi al Mondiale, poi nel 1956 con la rivolta ungherese repressa dai carri armati sovietici, Puskás, Czibor e Kocsis disertano. Nel 1966 invece l’Inghilterra vincerà finalmente in casa il suo primo e per ora unico Mondiale.

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