Ora o mai più, per l’industria petrolifera mondiale è il momento della verità, so si cambia o si muore. Più che altro “muore” l’ambiente e centinaia di milioni di persone i cui destini sono legati all’evoluzione del surriscaldamento globale. A pronunciare l’ennesimo ultimatum è l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), emanazione dell’Ocse e non certo pregiudizialmente ostile ai big di petrolio e gas. Nell’ultimo rapporto l’Agenzia spiega che per avere una qualche residua speranza di centrare l’obiettivo degli accordi di Parigi del 2015, vale a dire contenere l’aumento della temperatura globale entro gli 1,5 gradi, le compagnie dovrebbero investire il 50% delle loro spese in conto capitale in progetti di energia pulita entro il 2030. Soldi che si devono aggiungere agli investimenti necessari per ridurre le emissioni Scope 1 (dirette) e 2 (indirette).

Il punto di partenza è desolante: nel 2022 l’industria del petrolio e del gas ha investito in rinnovabili ed energia pulita appena 20 miliardi di dollari, ossia il 2,5% della spesa in conto capitale totale. Gli stanziamenti dovrebbero essere insomma almeno venti volte tanto. L’appello avviene dopo che diversi colossi hanno anzi annunciato un disimpegno nel comparto energetico green. Le inglesi Shell e BP hanno rivisto al ribasso i loro obiettivi di decarbonizzazione riallineandosi alle strategie di concorrenti americani come Exxon o Chevron, da sempre molto timide nei loro sforzi a favore dell’ambiente. Un ritorno alle fonti fossili molto apprezzato dagli investitori visto che con le recenti crisi internazionali le quotazioni di petrolio, carbone e gas sono schizzate al rialzo gonfiando di profitti le compagnie petroliferi e, a cascata, i loro azionisti premiati con generosissimi dividendi e con il rialzo dei titoli in borsa.

Non a caso l’Aie rimarca come la maggior parte delle aziende stia osservando la transizione energetica da bordo campo, con i produttori di petrolio e gas che rappresentano solo l’1% degli investimenti totali in energia pulita a livello globale. L’agenzia ha inoltre ribadito la sua previsione secondo cui la traiettoria della domanda di combustibili fossili in uno scenario di 1,5°C “non lascia spazio all’attivazione di nuovi giacimenti”. Il rapporto arriva a pochi giorni dall’inizio della conferenza internazionale Cop28 a Dubai, dove i paesi del mondo cercheranno nuovamente di trovare una quadra per scongiurare almeno gli scenari climatici più catastrofici. Ci sono purtroppo molte ragioni per essere pessimisti. I vertici precedenti si sono sempre chiusi con accordicchi al ribasso, come denunciato da più parti insufficiente per raggiungere gli obiettivi minimi. Pochi giorni fa l’Onu ha affermato che quanto fatto sinora non è assolutamente abbastanza e che siamo bene indirizzati verso la catastrofe. La scorsa settimana, per la prima volta, in alcune giornate la temperatura media globale è stata superiore ai valori pre-industriali di oltre 2 gradi. Una soglia considerata lo spartiacque tra un fenomeno in qualche modo gestibili e scenari catastrofici ed estremamente incerti.

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