“Il gioco è un’attività ordinaria, di puro divertimento, che milioni di italiani svolgono in modo assolutamente spontaneo e naturale; il gioco legale è il nemico più irriducibile del gioco illegale, di solito gestito dalla criminalità organizzata“. Queste affermazioni molto positive sull’azzardo di Stato sono definite delle “verità elementari” in un rapporto del 2023 firmato da Lottomatica e Censis. Lottomatica è una delle concessionarie dei Monopoli di Stato che trae ingenti profitti dal gioco legale. Il Censis è il famoso centro di ricerca privato che ogni anno “fotografa” gli italiani. Peccato però che all’interno del rapporto queste affermazioni non siano affatto documentate, ma rispecchino soltanto l’interesse di parte di chi ha commissionato la ricerca.

A fare le pulci al rapporto Lottomatica-Censis ci pensa Rocco Sciarrone, sociologo dell’Università di Torino fra i più autorevoli studiosi del fenomeno mafioso, con i ricercatori Federico Esposito e Lorenzo Picarella, nel libro Il gioco d’azzardo, lo Stato, le mafie, da poco pubblicato da Donzelli. Intanto il Parlamento discute la legge delega per il riordino di un settore che nel 2022 ha portato nelle case dello Stato ben 13,7 miliardi di euro.

“Più che di verità, si tratta di punti di vista molto dibattuti a livello pubblico, ma anche fortemente criticati in ambito scientifico”, scrivono gli autori. “Delle discussioni al riguardo nel Rapporto non c’è traccia, così come sono del tutto minimizzate le esternalità negative, ad esempio i costi sociali e sanitari provocati dalla diffusione del gioco pubblico”. Molte posizioni favorevoli all’azzardo di Stato sono attribuite con percentuali bulgare “agli italiani”. Ma replicano i ricercatori: “Nulla però viene detto sui metodi e le tecniche di ricerca utilizzati per produrli“. Si tratta dunque di una pura “esibizione di dati che trasforma opinioni in ‘verità elementari’, sulla base delle quali enunciare precise opzioni politiche sul modello di regolazione del gioco pubblico ritenuto più giusto ed efficace”.

Del resto, si legge nel volume, il gioco come “puro divertimento” nulla ha a che fare con il gioco “speculativo”, che punta alla vincita monetaria, e men che meno con la patologia del gioco “compulsivo”. Ma è sulla seconda questione che il lavoro di Sciarrone, Esposito e Picarella va in profondità, analizzando fra l’altro numerose indagini giudiziarie. Davvero il gioco legale è il nemico “più irriducibile” del gioco illegale?

Dare una risposta scientifica è difficile, ma certo diversi elementi indicano l’esatto contrario. Per come è fatto, proprio il settore del gioco legale mostra delle “vulnerabilità” che offrono “alle organizzazioni mafiose possibilità di guadagni considerevoli a fronte di una ridotta esposizione al rischio”, anche per la difficoltà di operare i controlli. Tanto che “si registra la penetrazione mafiosa in quasi tutti i tipi di gioco pubblico, ad esclusione del Lotto e delle lotterie nazionali”. Quindi videopoker, slot, gioco on line, ma anche falsi “gratta e vinci”.

I mafiosi entrano nel mercato del gioco controllato dai Monopoli di Stato soprattutto con obiettivi di “riciclaggio, acquisizione di società, la distribuzione di prodotti illeciti (le famigerate macchinette truccate, ndr) e il controllo violento del mercato“. Le prime due attività, si legge nel saggio, “sono trasversali e si manifestano, ad esempio, con l’acquisizione e gestione di sale in cui viene offerto gioco d’azzardo. Sulla distribuzione e imposizione – anche violenta – di prodotti leciti e illeciti si rivelano centrali invece gli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro – le cosiddette slot machine – e il comparto del gioco online”, quest’ultimo in forte crescita nel post-pandemia.

Esemplare uno dei casi giudiziari riportati nel libro. Un gruppo di ‘ndrangheta attivo nel torinese gestiva bische clandestine “vecchio stile”, celate in circoli ricreativi. Nei circoli man mano compaiono anche i videopoker truccati. Poi i videopoker vengono installati anche in altri locali “compiacenti” del territorio controllato dal gruppo tramite “società intestate a prestanome”. Intanto le bische vecchio stile continuano a funzionare, anche perché attirano una clientela diversa da quella delle macchinette. Gli ‘ndranghetisti piemontesi, dunque, hanno visto nel gioco legale semplicemente un’opportunità in più.

I fatti dicono che la situazione è molto meno rosa di quanto sostengano il rapporto Lottomatica-Censis e altre pubblicazioni simili. Anzi, vira decisamente sul “grigio“, concludono Sciarrone e i colleghi: “In definitiva, il settore dell’azzardo appare come un mercato particolarmente grigio, caratterizzato da rilevanti ambivalenze e asimmetrie normative, ma soprattutto da processi di compenetrazione e ibridazione tra sfera legale e illegale“.

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