Una giovane donna viene stuprata ripetutamente, uccisa con un colpo alla testa e poi mutilata. È questa l’immagine emersa durante la testimonianza raccolta dalla divisione anticrimine israeliana, Lahav 433, proveniente da una donna sopravvissuta all’assalto di uno dei kibbutz attaccati da Hamas lo scorso 7 ottobre. Come riportato dal quotidiano Haaretz, si tratta della prima testimonianza diretta raccolta dalle autorità israeliane che confermerebbe gli episodi di abuso sessuale e vilipendio ai danni delle vittime del massacro nei kibbutz già denunciate dai soccorritori locali.

La donna, nascosta in un villaggio a sud di Israele nel momento dell’attacco delle milizie islamiche palestinesi, ha detto di avere assistito allo stupro di gruppo di una giovane israeliana da parte di uomini in tuta mimetica. Secondo il suo racconto, dopo avere violentato a turni la ragazza, un soldato le ha sparato alla testa mentre ancora la stava stuprando, uccidendola. Nell’articolo a firma di Josh Breiner, che ha assistito a parte della deposizione della testimone, si fa menzione di un secondo testimone presente nel momento delle violenze, che ha detto di avere assistito all’episodio ma di non poter confermare lo stupro perché “nascosto dietro la donna che gli ha successivamente raccontato la scena di abuso”.

Il giornalista di Haaretz risparmia i dettagli più cruenti della violenza nel suo articolo, ma sul suo profilo X aggiunge che l’orrore testimoniato dalla superstite del kibbutz non si è limitato alla violenza sessuale. “Penso sia importante diffondere la parola così che il mondo capisca con che tipo di animali abbiamo a che fare”, ha scritto in un post, aggiungendo che dopo lo stupro di gruppo e l’uccisione, la donna ha confessato di avere visto i miliziani mutilare il corpo della giovane deceduta, per poi “letteralmente giocare per strada con le parti” mutilate e “sollevare la testa” di una delle vittime come “dimostrazione di potere”.

Per le autorità israeliane il racconto della testimone oculare conferma quanto raccontato in precedenza da Zaka, organizzazione no profit israeliana per la ricerca e l’identificazione delle vittime in situazioni di emergenza e tra le prime a prestare soccorso ai kibbutz all’indomani dell’attacco di Hamas. L’Ong è riconosciuta dal governo di Israele e operativa all’interno di ogni distretto di Polizia del Paese. Nei rapporti sul massacro nelle comunità ebraiche, l’organizzazione ha più volte sottolineato di avere trovato tra le vittime donne nude o con i pantaloni abbassati, oltre che a segni di abuso e alcune mutilazioni di genitali.

Sempre secondo Haaretz, dei 200 detenuti palestinesi accusati di aver preso parte all’attacco che ha scatenato la guerra, “la maggior parte ha ammesso di avere preso parte alle atrocità” descritte dalla testimone. Il quotidiano progressista riporta inoltre che la Procura ha intenzione di accusare i responsabili dell’attacco “per tutti i crimini commessi durante il massacro, anche in assenza di prove solide che li legano a un atto specifico”. Chiunque sia stato catturato all’interno di un kibbutz dunque verrà processato per “omicidio, stupro e abuso” anche se registrato in comunità ebraiche diverse da quelle dove sono stati catturati. Al vaglio degli inquirenti ci sono ora le fotografie dei corpi delle vittime, così come i video di sorveglianza dei kibbutz, mentre gli investigatori hanno ammesso di stare impiegando sistemi di riconoscimento facciale per identificare gli attentatori.

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