Chi l’avrebbe mai detto? Dopo Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bpm, Mps, Bper, Credem, Mediobanca e Mcc, neppure banca Mediolanum, controllata al 30% dalla famiglia Berlusconi tramite Fininvest e al 40% dalla famiglia Doris, pagherà allo Stato la tassa sugli extraprofitti. L’erario insomma infila una sfilza di “no” e un gettito che si era ipotizzato all’inizio vicino ai 4 miliardi di euro, tende inesorabilmente allo zero. L’ultima versione della tassa del resto l’ha letteralmente annichilita attribuendo alle banche la possibilità di scegliere di destinare le somme al proprio rafforzamento patrimoniale anziché allo stato. Ieri persino Mps, controllata al 64% dal ministero dell’Economia, ha risposto “picche”. I Berlusconi, “azionisti” politici anche di Forza Italia avevano espresso esplicitamente la loro contrarietà all’imposta. Marina Berlusconi aveva definito l’imposta “demagogica”. Sin da subito si era attivato il luogotenente Antonio Tajani, poi la norma è stata ulteriormente depotenziata per evitare ulteriori attriti nella maggioranza.

Eppure non è che l’obolo sarebbe stato così oneroso. Mediolanum avrebbe dovuto pagare 27 milioni di euro su 572 milioni di profitti realizzati solo nei primi 9 mesi del 2023. Considerando le quote partecipative 8 milioni della tassa sarebbero stato a carico dei Berlusconi, una decina dei Doris. Un utile salito del 52% rispetto all’anno prima grazie unicamente ai rialzi dei tassi decisi dalla Banca centrale europea. Se si guarda il bilancio del gruppo si vede come a volare sia il margine di interesse, più che raddoppiato da 257 a 541 milioni di euro. Questa performance è frutto unicamente delle decisioni di politica monetaria assunte da Francoforte (e per questo vengono definiti profitti “extra”). La voce è infatti la differenza tra gli interessi che la banca fa pagare ai suoi debitori (saliti immediatamente con i rialzi Bce) e quelli che paga ai suoi depositanti, il cui adeguamento al nuovo scenario monetario è molto più lento. I proventi da commissione salgono di un ben più modesto 4% a 769 milioni. Ad aumentare sono anche i costi (+12%).

Lo stato non avrà nulla in più ma gli azionisti (e quindi soprattutto le famiglie Doris e Berlusconi) potranno beneficiare di un aumento del dividendo che sale da 0,24 a 0,28 euro per azione. Secondo l’amministratore delegato Massimo Doris i risultati “dimostrano la validità del nostro modello di business nel generare valore elevato e sostenibile per tutti gli stakeholder”. “Sono frutto, aggiunge, di un impegno quotidiano da parte dei nostri Family Banker e dei nostri collaboratori e delle strategie che da sempre ci orientano nel servire al meglio i clienti con un approccio complessivo e integrato.Ci sono tutte le premesse per proseguire un forte percorso di crescita e di futura prosperità della nostra banca”. Il cda di Banca Mediolanum ha deciso di proporre all’assemblea degli azionisti la futura costituzione di una riserva non distribuibile di 67,4 milioni, pari a 2,5 volte l’imposta sugli extraprofitti di 26,9 milioni.

Sulla questione dell’imposta Doris la butta in tribuna appellandosi all’ovvio: “Un extraprofitto ci sarà per lo Stato per quanto riguarda le banche”, afferma riferendosi al fatto che guadagni maggiori comportano comunque un versamento più alta in base alla tassazione ordinaria, così come qualsiasi contribuente che versa più tasse se i suoi guadagni salgono. “Quest’anno le banche pagheranno almeno il 50% in più di imposte rispetto all’anno scorso, ma mi aspetto qualcosa di molto più alto. Noi – spiega – più del doppio sul 2022, perché se fai più utili paghi più imposte, quindi l’incasso da parte dello Stato sarà molto più cospicuo rispetto all’anno scorso, nel nostro caso 158 milioni rispetto ai 71 del 2022″.

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