Il piccolo Noah è nato morto. I familiari hanno accusato, con tanto di denuncia presentata ai carabinieri di Palermo, i medici dell’ospedale “Buccheri La Ferla Fatebenefratelli”, perché sostengono che il neonato si sarebbe potuto salvare facendo il cesareo, ma che i medici non avrebbero agito perché “la Regione Sicilia non si può permettere di fare troppi cesarei, perché costano”. Dall’assessorato regionale della Salute però precisano che “sono i medici a valutare, caso per caso, quando sia necessario il ricorso al parto cesareo. La Regione non potrebbe e non può interferire con le valutazioni cliniche effettuate dai sanitari”. L’ospedale riferisce, oltre a dichiararsi “dispiaciuti e addolorati per la morte del neonato” ed “esprimere la vicinanza alla famiglia e porgerle le più sentite condoglianze”, che “la mamma del neonato è stata seguita secondo le linee guida suggerite dai protocolli nazionali ed internazionali”, e che “in corso di monitoraggio, rilevate alterazioni del battito fetale si è proceduto ad un taglio cesareo urgentissimo che purtroppo ha dato luogo alla nascita di un feto nato morto”.

QUATTRO GIORNI RICOVERATA – Lunedì mattina i carabinieri di Palermo hanno perquisito il reparto all’ospedale “Buccheri La Ferla Fatebenefratelli”, acquisendo le cartelle cliniche della 31enne Fidia Maria Francesca Tomasino, che era stata ricoverata giovedì 2 novembre per partorire il piccolo Noah. Sarà disposta anche un’autopsia sul neonato.
La ragazza insieme al compagno Alessio Urso, che ha sporto denuncia, era andata in ospedale per una visita di controllo, e in quell’occasione i medici riscontrando “la pressione minima più alta dei parametri”, avevano deciso di ricoverarla. Fidia era alla 38esima settimana, e inizialmente i medici avevano deciso di “indurre il parto mediante l’utilizzo di un palloncino”.

PASTIGLIA DI ANGUSTA – “Il giorno successivo, alle 7, le toglievano il palloncino – si legge nella denuncia -, perché non era avvenuta nessuna dilatazione, e le somministravano una pastiglia di Angusta, che secondo i loro protocolli, le doveva essere somministrata una ogni due ore”. Nel foglio illustrativo medico dell’Angusta si legge che contiene il principio attivo misoprostolo, ed è utilizzato per stimolare l’avvio del travaglio. Le acque si rompono sabato all’ora di pranzo, e la ragazza viene costantemente monitorata anche tramite il tracciato, con la somministrazione della pastiglia ogni 2 ore. Domenica mattina, “i medici riscontravano una dilatazione di 2 centimetri mentre le contrazioni erano ancora irregolari”. Alle 19 un nuovo tracciato. In quella circostanza, si legge nella denuncia, l’esame mostra “i battiti del bambino ad una frequenza di 148/150”, quindi alla ragazza viene somministrata una nuova pastiglia invitandolo a ripresentarsi tra due ore.

“LEI NON HA LA FACCIA DA TRAVAGLIO” – Quando Fidia si reca alle 21 in sala travaglio, si legge nella denuncia dei familiari, l’ostetrica di turno le avrebbe detto: “Lei non ha la faccia da travaglio… è da trentacinque anni che faccio l’ostetrica”. Alla giovane gestante “viene somministrata ancora una pastiglia di Angusta senza effettuare il tracciato”, e in quella circostanza la ragazza avrebbe informato l’ostetrica di turno di “aver avuto perdite ematiche”, ma la risposta sarebbe stata: “Quello non è sangue da travaglio… augurati di entrare in travaglio entro stasera”. Ma alle 23:30 la situazione precipita. “Fidia – si legge nella denuncia – veniva sottoposta ad un travaglio cesareo d’urgenza, e il piccolo Noah nasceva privo di vita. So che hanno anche provato a rianimarlo, ma altre cose non le so riferire, in quanto ad oggi non sono neanche in possesso del certificato di nascita e morte”.

IL DOLORE DELLA FAMIGLIA – “Quando mia figlia è stata ricoverata all’ospedale Buccheri La Ferla aveva la pressione alta, pensavo le facessero il cesareo, ma un medico mi ha detto che la regione Sicilia non si può permettere di fare troppi cesarei, perché costano – racconta a ilFattoQuotidiano.it Anna Formisano, madre di Fidia -. Mia figlia ha fatto il tracciato alle 19, e il bambino aveva 148-150 di battito, era un cavalletta che saltava, l’ostetrica che l’aveva lasciata in carico aveva detto che avrebbe dovuto fare il tracciato alle 21, per stabilire se era opportuno darle la pastiglia oppure no”. Formisano con voce strozzata continua nel suo racconto: “Il bambino sarebbe vivo se avessero fatto il cesareo, l’avrebbero dovuto fare il secondo giorno. Mia figlia l’hanno tagliata a carne viva, perché quanto hanno tirato fuori il bambino l’anestesia non aveva fatto ancora effetto. Adesso bisognerà gestire tutto l’aspetto psicologico di mia figlia, che oltre al trauma della perdita del figlio si è vista aprire la pancia senza anestesia. Le grida di mia figlia si sentivano in tutto l’ospedale”.

LA REPLICA DELL’OSPEDALE – “Dispiaciuti e addolorati per la morte del neonato, nell’esprimere la vicinanza alla famiglia e porgerle le più sentite condoglianze”, si legge nella nota dall’ospedale “Buccheri La Ferla Fatebenefratelli”. “La mamma del neonato è stata seguita presso la nostra struttura – scrivono nella nota – sia la gravidanza in ambulatorio che il ricovero ospedaliero e la terapia somministrata sono stati condotti secondo le linee guida suggerite dai protocolli nazionali ed internazionali. In corso di monitoraggio, rilevate alterazioni del battito fetale si è proceduto ad un taglio cesareo urgentissimo che purtroppo ha dato luogo alla nascita di un feto nato morto. È stata avviata un’indagine interna sul percorso diagnostico terapeutico della signora all’interno dell’Ospedale per identificare eventuali elementi di rischio. Rimaniamo in attesa degli esiti degli accertamenti da parte dell’autorità competente”.

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