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L’aurora boreale arriva anche in Italia. Come si formano le colonne di luce che hanno tinto i cieli di tutta Europa

L’aurora boreale arriva anche in Italia. Come si formano le colonne di luce che hanno tinto i cieli di tutta Europa
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Ci voleva una tempesta solare straordinaria per portare l‘aurora boreale al di qua delle Alpi. Nella notte di domenica 5 novembre il cielo sopra Cortina e le Dolomiti si è acceso di rosso e viola, con colonne che si alzavano a diverse altezze sull’orizzonte settentrionale: un fenomeno atmosferico inusuale alle nostre latitudini, dovuto al passaggio di una tempesta solare di categoria G3 (le più impetuose arrivano al grado G5) estesa in direzione Nord dell’orizzonte. Le immagini maestose delle luci danzanti in queste ore hanno inondato i social, con scatti provenienti da tutta Italia, dalle Alpi al Veneto all’Emilia Romagna ma anche altri Paesi in Europa, dalla Polonia fino alle incredibili fotografie dal Regno Unito di Stonehenge avvolta da colonne rosa e blu.

Le aurore boreali, caratterizzate da luci verdi e rosse che frastagliano l’orizzonte, si verificano durante le tempeste geomagnetiche, ovvero quando flussi di particelle cariche di origine solare (protoni ed elettroni) che si staccano dalla corona e vanno alla deriva (formando a questo punto un vento solare) interagiscono con la ionosfera terrestre, dando vita alle luci delle aurore polari. A seconda dell’emisfero in cui si verifica il fenomeno si parla di aurora boreale o australe. Essendo il risultato dell’interazione di vento solare e campo magnetico terrestre, è al Polo Nord e al Polo Sud, dove la protezione magnetica terrestre è più debole, che le aurore nascono con più frequenza. Negli ultimi mesi tuttavia, il Sole si sta avvicinando a una fase di massima attività all’interno del suo ciclo undecennale in corso ed è per questo che i brillamenti e i venti solari si fanno più frequenti, portando alla creazione di “macchie” nell’atmosfera come quelle registrate lo scorso weekend.

A coniare il nome di aurora boreale nel 1619 è stato Galileo Galilei, riprendendo il nome della dea romana dell’alba, Aurora, e del dio greco del vento del Nord, Borea. La prima testimonianza di un’aurora boreale risale tuttavia a 30mila anni fa, come comparso su una pittura rupestre ritrovata in Francia. La visibilità dell’aurora dipende da diversi fattori e anche l’inquinamento atmosferico e luminoso delle città hanno un impatto. L’intensità del vento solare e la limpidezza del cielo sono però determinanti ma in periodi che vanno tra settembre e ottobre e febbraio e marzo, quando l’orientazione della Terra nei confronti del Sole rende più probabile l’interazione tra vento solare e ionosfera, è più probabile che le aurore si verifichino.

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