Ancora un disco rosso per il tormentato progetto della pista da bob, skeleton e slittino per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Dopo che si è arenata l’ipotesi di realizzazione di un impianto nuovo di zecca nella conca d’Ampezzo, adesso uno stop viene messo anche al tentativo di recuperare in extremis la ristrutturazione della pista utilizzata per Torino 2006, costata 110 milioni di euro e abbandonata dopo pochi anni per costi eccessivi e mancanza di utenza sportiva. Subito dopo che la pista di Cortina si è dimostrata troppo costosa e irrealizzabile (nessuna impresa ha risposto ai bandi della società Infrastrutture Milano-Cortina), era sceso in campo il vicepresidente del consiglio Antonio Tajani di Forza Italia, tentando di rianimare quel rudere a cielo aperto che è l’impianto di Cesana Pariol, in Piemonte. Voleva essere un tributo alla Regione amministrata dal forzista Alberto Cirio, che aveva trovato una sponda tecnica nel Politecnico di Torino, con quattro milioni di euro messi sul piatto dalla Regione per redigere il progetto di recupero.

Prima che si creassero altri equivoci, come quello di Cortina che ha creato imbarazzo alle autorità politiche e sportive italiane e venete, ci ha pensato il Comitato Olimpico Internazionale. In un comunicato inviato all’agenzia americana Associated Press, il Cio ha ricordato la mancanza di futuro per la pista di Cesana, che già l’aveva portata “ad essere abbandonata a soli sei anni” dai Giochi del 2006, anche perché registrava una perdita annua di un milione e mezzo di euro. “Negli ultimi anni il Cio è stato molto chiaro sul fatto che non si dovrebbe costruire alcuna sede permanente senza un piano di ‘legacy’ fattibile. – è la motivazione – Con una fase così avanzata devono essere prese in considerazione solo le piste esistenti e già operative”.

Si tratta di parole che non ammettono replica e che sono praticamente le stesse contenute in una serie di lettere che Thomas Bach, presidente del Cio, aveva scritto nel 2021 al governatore veneto Luca Zaia. In quella occasione aveva ricordato come sia finito il tempo di eventi sportivi planetari devastanti per l’ambiente e incapaci di sostenersi quando si spengono i riflettori sui Giochi. In una parola: niente “cattedrali nel deserto”. All’epoca Zaia aveva risposto picche, dicendo che la pista di Cortina si sarebbe fatta. Aveva trovato un appoggio nel governo Draghi che aveva finanziato completamente la venue, mentre prima di allora il Veneto si era dichiarato disposto a finanziare l’infrastruttura. La parola “legacy” è però diventata un punto irrinunciabile nel lessico del Cio. L’eredità lasciata ai territori dev’essere positiva e non costituire un aggravio di costi. Così sarebbe stato a Cortina, dove era prevista una perdita di gestione di almeno 500mila euro all’anno per vent’anni, oltre a una spesa di 124 milioni di euro per rifare la pista “Eugenio Monti”. Così è stato a Cesana dove, a parte qualche gara, l’impianto è rimasto inutilizzato.

La situazione si sarebbe ripetuta perché, come ilfattoquotidiano.it ha rivelato, il preventivo di 35 milioni di euro era ottimistico, considerando che sarebbe stato necessario rifare tutto il sistema di creazione del ghiaccio, togliendo le tubature per l’ammoniaca. In pratica, la pista andava rifatta. Pochi giorni fa Antonio Tajani ha effettuato un sopralluogo a Cesana, assieme al governatore Cirio e al ministro per la pubblica amministrazione Paolo Zangrillo. In quella occasione Tajani ha detto: “Rinunciare a svolgere una parte delle Olimpiadi in Italia sarebbe una resa nazionale”. Il Cio la pensa evidentemente in modo diverso e sembra dar ragione al progetto di utilizzare l’impianto a ghiaccio naturale di Sankt Moritz, caldeggiato anche dal presidente del Coni Giovanni Malagò e del sindaco di Milano, Giuseppe Sala.

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