C’era grande attesa, in Libano, per il discorso di Hassan Nasrallah, tanto da far passare in secondo piano la proposta di un “piano di pace” per Gaza lanciata un paio di giorni fa dallo stesso premier libanese, Najib Mikati. Nel primo pomeriggio di oggi il segretario generale di Hezbollah ha infatti rotto gli indugi e parlato pubblicamente per la prima volta dall’inizio della nuova crisi israelo-palestinese, riemersa a partire dagli attacchi di Hamas in Israele dello scorso 7 ottobre. Come spesso accade durante i suoi discorsi, Nasrallah dopo aver reso il consueto omaggio ai “martiri” – sono più di 40 i miliziani di Hezbollah morti negli scontri delle ultime tre settimane al sud con Israele – ha toccato una miriade di punti, in parte connettendoli, e mantenendo i toni che ha preso ad usare sin dall’ingresso di Hezbollah nella guerra in Siria.

Il conflitto siriano ne ha rafforzato le capacità militari ma anche la stessa percezione di sé: Nasrallah parla da leader di un attore non più locale ma regionale, internazionale, talvolta come se fosse un Capo di Stato o un primo ministro, ed è significativo che non solo non abbia fatto alcun riferimento al piano di Mikati ma che nessuna delle sue affermazioni sia in alcun modo associabile da quanto postulato dal premier – che in sostanza ha parlato un po’ utopisticamente di una tregua, propedeutica al rilascio di alcuni ostaggi e preludio ad un cessate il fuoco e ad uno scambio di prigionieri, seguita poi da una conferenza internazionale di pace.

Sono forse tre i frangenti più rilevanti del suo discorso. Anzitutto la conferma che quella del 7 ottobre “è stata una iniziativa palestinese al 100%”, sgomberando il campo dai dubbi sollevati da chi inquadrava l’assalto di Hamas all’interno di una operazione decisa in realtà a Beirut dalle autorità iraniane, in accordo anche con i loro alleati di Hezbollah. Hamas, come noto, da qualche anno gode del supporto finanziario e militare di Teheran, che però non avrebbe avuto alcun ruolo decisionale nei fatti del 7 ottobre, mantenendo appunto il proprio ruolo di sostenitore a monte. “Il fatto che l’operazione del 7 ottobre sia stata tenuta nascosta alle altre fazioni della resistenza non ha causato alcun problema nella stessa. Anzi, ha semmai guadagnato il nostro plauso, e la segretezza dell’operazione Alluvione di Al Aqsa ne sottolinea il carattere puramente palestinese”, ha detto Nasrallah, che storicamente tende a prediligere la rivendicazione di operazioni in cui ha avuto un ruolo. Dopo aver rimarcato come le autorità israeliane “abbiano avuto bisogno di richiedere 10 miliardi di dollari in assistenza militare dagli Stati uniti, il che mette in dubbio la capacità dell’entità sionista di mantenere la stabilità e l’autosufficienza”, Nasrallah si è rivolto proprio agli Stati Uniti, considerati “i veri responsabili di quanto sta accadendo a Gaza, mentre Israele è un loro strumento”: un assunto che secondo il leader sciita rende “opportune” le recenti operazioni delle milizie dell’Asse della Resistenza contro truppe americane in Siria e Iraq, il cui ritiro è notoriamente uno dei loro principali obiettivi strategici.

Infine, il ruolo del Libano. Nasrallah si è rivolto in un solo frangente agli israeliani, diffidandoli – “la più grande follia dell’intera esistenza di Israele” – dal tentare una invasione di terra in Libano, come quella del 2006, e confermando però l’impegno attivo del partito milizia nel sud del paese, dove da almeno tre settimane sono in corso scontri a fuoco con gli israeliani, per il momento al di sotto del livello di guardia, pur con decine di morti. “Dallo scorso 8 ottobre la resistenza islamica in Libano è attivamente impegnata in una battaglia tangibile, la cui piena gravità è comprensibile solo a coloro che sono fisicamente situati nel sud del paese”, ha rimarcato Nasrallah, aggiungendo poi che “quel che sta accadendo sul nostro confine sud non rimarrà sul confine, si estenderà sicuramente oltre”, in riferimento ad un possibile allargamento del conflitto.

L’intervento di Hezbollah, come era logico aspettarsi, sta avendo una funzione deterrente e diversiva, volta a costringere le Idf a dislocarsi parzialmente al nord, alleggerendo così la pressione su Gaza. “Se avessimo mantenuto una posizione di mera solidarietà politica con le manifestazioni pubbliche che abbiamo organizzato, gli israeliani non avrebbero avuto alcun problema sul confine nord, e ciò gli avrebbe permesso di dispiegarsi interamente su Gaza”, ha aggiunto Nasrallah, sostenendo poi che “un quarto delle forze aeree israeliane sono state reindirizzate verso il Libano e quasi la metà dei sistemi di difesa missilistica sono stati puntati verso nord, provocando lo sfollamento di decine di migliaia di coloni nella regione”. Infine, un avvertimento agli americani: “Nel caso di un conflitto regionale, la vostra flotta navale e i vostri raid aerei saranno di poca utilità, e non porteranno alcun beneficio, anzi sarà il vostro personale a subire le perdite peggiori”, ha chiosato Nasrallah. “La vostra flotta nel mediterraneo non ci spaventa e non ci spaventerà mai, e coloro che hanno guastato i vostri piani all’inizio degli anni 80 (in riferimento all’attentato alla caserma dei marines e soldati francesi a Beirut nel 1983, che provocò 300 morti, ndr) sono ancora più che in vita oggi, assieme ai loro figli e ai loro nipoti”.

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