Storicamente, le città sono state costruite lungo dei corsi d’acqua. Le ragioni sono talmente evidenti che non vale la pena soffermarcisi. Dunque “lungo dei corsi d’acqua”, non “sopra”. È evidente che se io ci costruisco sopra, a parte la limitata fruibilità del corso stesso, il rischio che creo è grande e imprevedibile. Eppure nel corso specialmente dell’ultimo secolo lo si è fatto. E i risultati si vedono.

Siamo adesso a Milano e la città è sott’acqua. Per via dell’esondazione del fiume Seveso. Il fiume Seveso nasce a Cavallasca, in provincia di Como, sul Monte Sasso, in prossimità della frontiera tra l’Italia e la Svizzera, a quota 490 m s.l.m., e poi punta verso sud raggiungendo appunto la metropoli meneghina.

Il Seveso non ebbe mai vita facile visto che già in epoca romana si pensò bene di spostarne il corso fuori dalle allora mura cittadine. Ma la vera e propria rivoluzione per mano umana la subì nel corso dello scorso secolo, quando si pensò bene, per consentire l’espansione della città, di tombarlo alle porte della stessa, nella periferia nord. Quindi, un incanalamento sotterraneo dell’alveo. Risultato: a fronte di forti precipitazioni il Seveso esonda dove è stato tombato e riemerge in città dai tombini, proprio per via del restringimento abnorme del suo corso.

Dal 1975 il Seveso è esondato 118 volte, più di 20 nel 2010. Un’esondazione si è verificata oggi, dopo che un’altra si era verificata il 15 settembre scorso. Che fare, visto che non siamo dentro un film distopico e non si può far riemergere il corso d’acqua? La soluzione ci sarebbe, e sono le vasche di laminazione, che sono nient’altro che delle opere idrauliche che hanno il compito fondamentale di accogliere al proprio interno le ondate di piena, consentendo a valle un flusso rallentato e di minor portata del corso d’acqua. Nel caso del Seveso si tratta di quattro vasche che attendono di essere realizzate a nord della città, ma di cui solo una è oggi in fase di completamento.

Milano non è l’unica città a dover affrontare le conseguenze dell’insipienza idraulica degli antenati. Il caso di scuola è Genova, dove in parte si è tombato il torrente Bisagno e altri corsi d’acqua minori e in parte ci si è invece costruito sopra! Dal 1835 ad oggi, 84 eventi tra frane e inondazioni hanno causato a Genova 86 morti e dispersi e più di tremila tra sfollati e senzatetto.

Ma vogliamo uscire fuori dalle mura cittadine e ricordare le esondazioni in Emilia Romagna del maggio di quest’anno e delle Marche del settembre di un anno fa?

Cos’altro aspettarsi se si tombano i corsi d’acqua, se si restringono gli alvei, se li si rettifica aumentando la velocità dell’acqua e in più, ciliegina sulla torta, si cementifica e asfalta tutto intorno? Con i cambiamenti climatici e le forti e improvvise piogge, beh, la frittata è servita.

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