Volano stracci tra Comune di Milano e Regione Lombardia, dopo che l’esondazione del Seveso ha trasformato in una distesa d’acqua diverse aree nei quartieri a Nord del capoluogo, da Niguarda a Ca’ Grande, da Maggiolina a Isola. Al centro della polemica le vasche di laminazione che dovrebbero contenere il fiume e che ancora non sono state realizzate: quelle di Parco Nord e Senago (Milano) e di Paderno Dugnano, Lentate e Varedo-Limbiate, in provincia di Monza. La verità è che i ritardi riguardano tutte le vasche, a prescindere dall’ente competente tra Comune e Regione: sarebbe dovuto essere tutto pronto entro il 2023, ma i lavori hanno registrato diversi ritardi per tutta una serie di ragioni, compresi la pandemia e i problemi legati alla fornitura di materiali. E anche se c’è molta attenzione soprattutto per i lavori alla vasca di Parco Nord (al confine con Bresso, l’unica quasi in dirittura d’arrivo) c’è da chiedersi se questa avrebbe potuto da sola risolvere il problema che ormai attanaglia Milano. E non è un tema di poco conto, dato che sulle sue pagine social, l’assessore alla Sicurezza del Comune, Marco Granelli, dice che la vasca di Milano (quella di Bresso, ndr) è in collaudo, ma quelle che gestisce Regione Lombardia sono indietro, sottolineando l’importanza di queste ultime.

Botta e risposta tra Comune e Regione
Ma il governatore Attilio Fontana replica dicendo che “Granelli si dovrebbe occupare di gestire meglio la città”. L’affondo lo dà l’assessore al Territorio e Sistemi Verdi di Regione Lombardia, Gianluca Comazzi (Forza Italia), secondo cui Granelli dovrebbe dimettersi. E Granelli, da marzo 2023, è anche il presidente dell’Aipo, l’Agenzia interregionale per il fiume Po, ossia l’Ente che deve realizzare i lavori. Già un anno e mezzo fa, l’Aipo sosteneva che molte esondazioni nella città di Milano si potrebbero evitare anche solo con la realizzazione della vasca di Parco Nord. Insomma, tutto dipende dai ritardi nei lavori a Bresso, secondo la Regione. Per Legambiente Lombardia, invece, “se quella vasca, con la sua capacità di invaso di 250mila metri cubi, fosse già stata in funzione, si sarebbe riempita in meno di un’ora”.

Il ritardo per la vasca di Bresso
L’assessore Granelli spiega che la vasca è in fase di collaudo e Comazzi gli ricorda che “i lavori per la realizzazione della vasca di laminazione di Bresso, di competenza del Comune, hanno subìto ritardi clamorosi”. Vero è che la chiusura del cantiere, avviato nel luglio 2020, era prevista entro la fine del 2022, mentre a Senago la fine dei lavori era attesa per gennaio 2023. Sul sito del Comune è rimasto l’aggiornamento di maggio scorso: a Bresso “la fine dei lavori comprensivi di piantumazioni e collaudi, è prevista entro l’autunno 2023. Infatti, l’avanzamento complessivo delle opere è pari a circa il 90%”. Si tratta di una vasca capace di contenere 250mila metri cubi di acqua e costerà 14 milioni, quasi metà del progetto complessivo. Ma è un dato di fatto che ci siano stati dei ritardi, anche in tempi recenti, dovuti alle difficoltà riscontrate nelle forniture di acciaio e asfalto.

Legambiente: “Quella vasca si sarebbe riempita in meno di un’ora”
“La realtà è che il bacino del Seveso ha perso ogni capacità di laminare eventi di piena, e soprattutto siamo del tutto impreparati rispetto agli eventi catastrofali che il cambiamento climatico rischia di rendere sempre più frequenti e intensi” spiega Lorenzo Baio, vicepresidente di Legambiente Lombardia. Colpa del troppo cemento che ha rivestito il territorio, restringendo gli alvei del torrente e dei suoi affluenti, impedendo l’infiltrazione delle acque nel suolo e accelerando la corsa delle onde di piena verso il capoluogo milanese. “Arrivato a Milano, il torrente si infila in un lungo tubo sotterraneo, che può portare non più di 35 metri cubi al secondo” aggiunge Baio, sottolineando che “eventi come quello di oggi si caratterizzano per portate fino a 150 metri cubi al secondo”. Significa che se la vasca di laminazione del Parco Nord si sarebbe riempita in meno di un’ora. Il tempo è relativo, ma non se si parla di un’esondazione durata oltre sei ore. Per Legambiente “non si può pensare di gestire la sicurezza idraulica solo con una vasca alle porte della città, concepita per assorbire onde di piena generate da eventi meteorici intensi, ma localizzati”. Da qui l’urgenza di un sistema di gestione esteso all’intera asta torrentizia e, quindi, di accelerare sulle vasche di Varedo dell’area ex-Snia e su quelle di Lentate sul Seveso, le uniche in grado di far fronte a eventi di natura catastrofale.

A che punto sono le altre vasche
Di fatto i ritardi riguardano anche le altre vasche, quelle gestite dalla Regione. Secondo il capogruppo del Pd in Regione Lombardia, Pierfrancesco Majorino, è “incredibile che Fontana, totalmente immobile sul tema del dissesto idrogeologico, in un giorno in cui ci sono tantissimi territori in grande difficoltà anche per le colpe della Regione, giochi a scaricare le responsabilità sull’amministrazione comunale di Milano”. A Senago, sono previste due vasche. I lavori per quella più grande, con capacità di 550mila metri cubi di acqua, dopo essersi fermati per mesi a causa della Pandemia, erano ripartiti e dovevano concludersi all’inizio dell’anno. Questa vasca laminerà anche le acque dei torrenti Pudiga e del Garbogera, ma entrerà in funzione solo quando saranno completati anche i lavori di un velodromo scoperto, progetto che si è aggiunto in un secondo momento. Nel rispondere al Comune di Milano, è proprio l’assessore alla Regione Lombardia, Comazzi, ad annunciare la consegna dei lavori entro settembre 2024. A giugno 2024, dovrebbe essere pronta la vasca di Lentate sul Seveso, da circa 830mila metri cubi i cui lavori, a dire il vero, si sarebbero dovuti concludere già nella primavera del 2023. In questo caso, però, il cantiere si è fermato a causa del ritrovamento, durante gli scavi, di resti archeologici. Da qui la necessità di far slittare la data di fine lavori al 2024. Capitolo a parte, per le vasche di Paderno Dugnano e Varedo-Limbiate. Nel primo caso, non sono ancora iniziati i lavori e non è stato assegnato l’appalto, mentre per la seconda vasca, va costruito un invaso artificiale capace di contenere fino a 2,2 milioni di metri cubi di acqua del torrente e, soprattutto, vanno bonificate le aree dell’ex Snia, già oggetto di commissariamento del giudice fallimentare. L’opera costa 55 milioni e la fine dei lavori è prevista nel 2025.

Un problema di suolo
Ma Legambiente pone un altro problema. “Non bastano le opere ingegneristiche: se non si invertirà l’aggressione al territorio e ai corsi d’acqua anche le vasche più grandi tra quelle previste sono destinate a diventare obsolete nell’arco di pochi lustri” spiega Baio. “Bisogna smettere di impermeabilizzare il suolo e restituire ai torrenti un alveo degno di questo nome, rimuovendo arginature rigide e ripristinando la valle del Seveso ovunque possibile, perfino all’interno della città di Milano”. Un’impresa che oggi sembra impensabile. “Non è un’opera che si fa dall’oggi al domani, ma bisogna iniziare. A partire dalla creazione di un parco fluviale del Seveso per mettere in sicurezza le poche aree libere. Basta con il rimpallo di responsabilità”.

***

Foto in pagina | Immagini di archivio dell’area in cui sarà realizzata la vasca di laminazione di Bresso

MANI PULITE 25 ANNI DOPO

di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ Acquista
Articolo Precedente

Milano sott’acqua? Non c’è da stupirsi

next
Articolo Successivo

Anche i filosofi sono responsabili del riscaldamento globale

next