Ci sono date che segnano l’inizio di un’epoca ed entrano nei libri di storia: il 13 agosto 2016, con il debutto di Pep Guardiola sulla panchina del Manchester City, appartiene al genere. Quel pomeriggio, i Citizens superarono 2-1 il Sunderland di David Moyes, con i gol di Aguero su rigore e l’autorete all’87’ di McNair, in mezzo il pareggio di Jermain Defoe. Il Manchester City dal 2011 si era già consacrato come una big della Premier, ma è con Guardiola, nell’anno del trionfo di Claudio Ranieri con il Leicester, che i “cugini rumorosi” – definizione di Alex Ferguson – spiccano il volo e ribaltano il rapporto di forza in città, da sempre, tranne rarissimi momenti, in quota United. Il derby numero 190, in programma domenica pomeriggio all’Old Trafford (16.30), 147 giorni dopo la finale di FA Cup vinta dalla banda di Guardiola, con le due squadre separate in classifica da sei punti, ispira una serie di riflessioni.

Nei sette anni di Pep, il City ha polverizzato la concorrenza dello United. In Premier, sono stati ottenuti 142 punti in più (646 contro 504) e sono stati segnati 226 gol in più (bilancio 678 a 452). Guardiola ha vinto 4 volte all’Old Trafford, il massimo per un tecnico ospite. Imbarazzante, per i Red Devils, il confronto nella sala dei trofei. In queste stagioni, il City ha portato a casa 5 Premier, 1 Champions, 4 Coppe di Lega, 2 FA Cup, 2 Community Shield, 1 Supercoppa Uefa. Nello stesso periodo, lo United ha incassato 2 Coppe di Lega, 1 Europa League, 1 Community. Totale: 15-4.

Un dominio schiacciante, ma al contrario del pensiero corrente, non è figlio solo dei soldi. Anche lo United ha speso molto in questi anni, ma rispetto ai Citizens, lo ha fatto male e senza un progetto base, cambiando cinque allenatori: Mourinho, Solskjaer, Carrick, Rangnick, Ten Hag. Il City ha investito 1,49 miliardi di euro per rinforzare la squadra e modellarla secondo i criteri-base di Guardiola, ma anche lo United ha messo mano al portafoglio in modo pesante: 1,38 miliardi. Il City ha incassato molto di più alla voce cessioni (670 milioni contro 334) e di conseguenza, i Red Devils hanno registrato un disavanzo peggiore nei trasferimenti: 1,05 miliardi contro 820 milioni. La rosa del City ha una stima attuale di 1,26 milioni contro gli 877 dello United. Morale: Guardiola ha speso meglio e ha saputo valorizzare il capitale umano.

Oltre i numeri e i trofei, ci sono altri due elementi fondamentali che esaltano il settennato di Guardiola. Il primo riguarda lo stile di gioco. Il City fa scuola, in Inghilterra e non solo. L’allenatore catalano ha rappresentato in questo periodo una svolta culturale paragonabile a quella prodotta negli anni Novanta dall’avvento di Arsene Wenger, primo tecnico in assoluto a cambiare i canoni del campionato inglese. Guardiola fa tendenza nel mondo. E’ nel pantheon dei coach più illuminanti della storia del calcio. Lo United in questi anni è passato dal mourinhismo alla riproposta del football in salsa-Ferguson (Solskjaer), ha vissuto la breve stagione di Rangnick e si è poi affidato mani e piedi all’olandesismo rappresentato da Erik Ten Hag, al quale è stato affidato il compito non facile di liquidare l’era-Ronaldo.

La rivoluzione culturale sta incidendo in profondità nei gusti dei giovani di Manchester. I millennials votano in massa il City: gioca un calcio sublime, vince e i suoi campioni riescono a connettersi meglio con il tifo. Lo United ha sempre avuto la puzza sotto al naso, pur proponendo un football duro e spesso spietato come quello dell’era-Ferguson. Guardava dall’alto al basso un City sprofondato nel 1998 in terza serie: nel 1999, mentre i Red Devils festeggiavano il Treble, i Citizens risalivano in First Division, l’attuale Championship. Ventiquattro anni dopo, nel 2023, è il City che sventola il tris Champions-Premier-Fa Cup. Lo United insegue, morde la polvere, cerca persino nel gioco di imitare il copione di Guardiola. Il derby, come sempre, appartiene a un’altra galassia. Ten Hag potrebbe vincere e portarsi a meno tre dai cugini chiassosi, ma un eventuale successo nella stracittadina non cambierà, almeno per ora, i rapporti di forza tra i due club di Manchester. Serve ben altro.

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