I timori sono così forti che gli Usa hanno deciso di intervenire in “prima persona”. Non boots on the ground ma con il ruolo di consulenti militari. Il Pentagono sta suggerendo all’Idf come organizzare l’invasione di Gaza, provando a minimizzare le vittime civili in una guerra urbana che si preannuncia sanguinosa. Bisognerà combattere strada per strada e con l’incubo della rete di cunicoli sotterranei scavati negli anni da Hamas. Scenari che ricordano Falluja, uno dei teatri peggiori nei quali si è combattuto negli ultimi vent’anni. Così dagli Stati Uniti è partita una squadra di alti ufficiali dei Marines per dare una forma alle idee di Israele. Le sensazioni dell’amministrazione Biden non sono affatto buone: la paura, ha spiegato il New York Times, è che l’esercito di Tel Aviv non sia realmente pronto a un’operazione via terra in grado di funzionare.

In campo l’uomo di Mosul e Falluja – Quali sono gli obiettivi militari da raggiungere una volta messo piede nella Striscia? E quale sarà la tattica? Sono queste le domande che devono aver posto il generale James Glynn e gli altri militari a stelle e strisce arrivati in Israele. Glynn è la punta di diamante del gruppo: ha combattuto a Mosul e Falluja e il suo compito è proprio quello di condividere le lezioni imparate – a caro prezzo per le forze americane e per i civili, nel caso della battaglia del 2004 – contro Isis e nella Seconda guerra del Golfo. Glynn ha contribuito a guidare le operazioni speciali contro lo Stato islamico e aveva prestato servizio a Falluja durante alcuni dei combattimenti urbani più accesi.

Mitigare le vittime civili – Il team “ha un’esperienza adeguata al tipo di operazioni che Israele sta conducendo”, ha detto negli scorsi giorni il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby. Forte delle esperienze pregresse – hanno spiegato funzionari del Pentagono ad alcuni media statunitensi – il generale fornirà un “modello” su come mitigare le vittime civili nel corso dei raid via terra. Non è previsto che Glynn rimanga in Israele, hanno spiegato le stesse fonti, per seguire l’invasione su larga scala dell’Idf. L’esercito di Tel Aviv dovrà confrontarsi con uno scenario in cui Hamas ha preparato negli anni reti di tunnel nei densi isolati urbani del nord di Gaza. Sarà una guerra asimmetrica nella quale la superiorità di equipaggiamento delle truppe israeliane sarà bilanciata da controllo e conoscenza del campo di battaglia da parte dei miliziani: un teatro a zero sicurezza nel quale sono da mettere in conto difficoltà operazionali e alti costi umani.

Luce verde “controllata” – Tutto ciò che gli americani vogliono evitare da un lato per la presenza di oltre duecento ostaggi e dall’altro per il rischio escalation. “Siete come noi dopo l’11 settembre, ma a causa della rabbia all’epoca abbiamo anche commesso degli errori”, aveva avvertito Joe Biden durante l’incontro con il premier Benjamin Netanyahu. Luce verde ma “controllata”, quindi, in vista del faccia a faccia con le milizie, mentre Israele ha già iniziato a dare la caccia alle primule rosse delle forze speciali Nukhba di Hamas che il 7 ottobre hanno guidato gli attacchi ai kibbutz. Il commando Nili ha già portato i primi risultati in un remake dell’operazione Ira di Dio che seguì il massacro di Monaco nel 1972, anche all’epoca non senza errori come l’affaire Lillehammer nel quale il Mossad assassinò Ahmed Bouchiki, un cameriere marocchino scambiato per il terrorista Ali Hassan Salameh. Altre storie ma errori simili, che gli Usa temono ripetuti su larga scala dentro la Striscia di Gaza.

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