Portofino è un po’ come la pizza: identifica l’Italia. La pizza sul versante culinario, Portofino sul versante territoriale/ambientale. In qualsiasi paese civile Portofino, il suo entroterra e la costa almeno fino a Camogli da un lato, almeno fino a Zoagli dall’altro sarebbero rigorosamente protetti. E diciamo pure che in un paese civile che applichi l’art. 9 della Costituzione, non si sarebbe verificato il fenomeno della “rapallizzazione”, per parlare di quel tratto di Liguria. Ma ecco una breve storia dell’area protetta.

L’Ente Autonomo del Monte di Portofino fu istituito con Legge 1251 del 20 giugno 1935. L’Ente doveva tutelare tutto il Monte, appunto, e i confini comprendevano appunto i tre comuni di cui sopra. Ma proprio per il fatto che non era formalmente un parco (come ad esempio il Gran Paradiso), l’ente fu sciolto con legge 70 del 1975, di liquidazione degli enti parastatali. Dopodiché l’area entra in una specie di limbo, fino alla Legge regionale 4 dicembre 1986, n. 32 che finalmente riconosce il parco: “Individuazione e disciplina del sistema di aree di interesse naturalistico-ambientale del Monte di Portofino. Istituzione dell’Ente regionale Monte di Portofino”. Identico è il territorio tutelato, salvo aggiunte di aree contigue ritenute degne di particolare tutela.

Dopo inizia il faticoso iter per ri-trasformare il parco da regionale in nazionale. 1986 – 1996 – 2006 – 2016 – 2023. Trentasei anni per la montagna (non quella di Portofino) che partorisce il topolino, ossia un decreto del Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, che umilmente ammette di non sapere nulla di ambiente, che, in data 11 ottobre scorso, istituisce il parco, limitandolo ai confini attuali. Peccato che, nel frattempo, ci sia stato un autorevole parere dell’Ispra che invitava a far rientrare nei confini del parco il territorio di ben undici comuni. E peccato che il decreto del 26 agosto 2021 dell’ex Ministro della Transizione Ecologica Cingolani individuasse una perimetrazione provvisoria che includeva invece sette comuni: oltre ai tre “storici”, aree comprese nei comuni di Zoagli, Rapallo, Coreglia Ligure e Chiavari (su invito ANCI, invece esclusi Avegno, Recco, Cicagna, Tribonia), per un totale di 2940 ettari. Ridotti dal decreto Pichetto Fratin a 1700, escludendo persino le aree contigue.

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Anche se non siamo ancora in grado di leggere il testo del decreto, è chiaro che esso è ispirato non già a principi scientifici, come quelli dell’Ispra, ma molto più banalmente politici. Significativa l’esultanza della Lega che evidentemente cavalca gli interessi di speculatori e cacciatori, come del resto sempre nella sua storia. Ma anche divertente il commento del governatore ligure Giovanni Toti, che dopo aver definito terrapiattisti coloro che si battono contro il rigassificatore di Vado Ligure, dimostrando di non conoscere il termine (semmai sarebbero luddisti…), vede germi di decrescita nel Pd, che si schiera contro il decreto: “Il Pd cavalca ormai la deriva ideologica del segretario Schlein che vuole inchiodare questo paese e ormai da partito del lavoro si è trasformato in partito della decrescita.”

Appare chiaro che il decreto, scostandosi dai suggerimenti Ispra, potrà essere attaccabile sul piano giudiziale e almeno l’Associazione Amici del Parco di Portofino sta già affilando le armi. Ma appare altresì chiara la miopia o peggio dei politici che esultano, visto che proprio in Liguria l’istituzione di un parco nazionale alle Cinqueterre ha portato una valanga di soldi e turisti: anche troppi.

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