Facile facile: Hernandez al centro, Schachner che la tocca appena e Selvaggi che deve solo spingerla dentro, regalando al Toro la vittoria del derby, 40 anni fa. E se per i tifosi del Toro ultimamente parlare di derby sta diventando indigesto per Franco Selvaggi, 70 anni, ricordare le gare contro la Juve in maglia granata e non solo ha un sapore dolce: “C’ero in quello dei tre gol in tre minuti, il più bello di tutti, poi ho fatto gol anche l’anno dopo al ritorno anche se Platini ha fatto doppietta, ma la Juve in generale mi portava bene, contro di loro ho fatto il primo gol in Serie A (con la Ternana ndr) e in carriera gliene ho fatti cinque”. Certo, il gol vittoria in un derby non si dimentica: “Una gioia immensa soprattutto per i tifosi, poi in quella stagione (1983 -1984) la Juve era fortissima, ma eravamo forti anche noi infatti lottammo per lo Scudetto quasi fino alle fine. Vincere il derby segnando comunque è una soddisfazione enorme non solo a livello personale, ma soprattutto per quello che si trasmette ai tifosi e chi ha vestito la maglia del Toro lo sa”.

Perché la rivalità è forte, il derby è fatto di questo, ma gli avversari del campo spesso si sono trasformati negli amici di fuori: “Con Tardelli e con Gentile ce le davamo anche in campo eh, ma era considerata una cosa normale, poi fuori aravamo amici. E poi con Scirea. Sì, Gaetano – si ferma un attimo Selvaggi nel ricordarlo – il libero più forte che sia mai esistito e un signore come pochi. Una volta in partita mi fece un fallo banale, io finii per terra e lui venne a chiedermi scusa nonostante il fallo non fosse per nulla duro. E poi…”. Selvaggi fa un sospiro e prosegue: “Ho ancora davanti la scena di Sandro Ciotti che dà la notizia della sua morte. Uscii sul terrazzo di casa perché davanti alla tv c’erano i miei ragazzi e non volevo mi vedessero, e lì scoppiai in un pianto disperato. Un dolore fortissimo, e ancora oggi uno come Scirea manca incredibilmente al calcio. E a me”.

La voce di Franco Selvaggi torna squillante quando si torna a parlare del Toro: “Quella maglia ti rimane sempre. E’ qualcosa che non si può spiegare. Perché non vince un derby da tanto tempo? Non so: forse ai miei tempi la gara contro la Juventus si sentiva di più, ci mettevamo tutti noi stessi, diventava anche uno sfogo e quindi mettevamo in gara rabbia e grinta dando di più”. Campione del Mondo, pur senza mai scendere in campo, Selvaggi però ci tiene a precisare: “Ma io ero stato convocato sempre dal 1981. Pruzzo ha avuto da ridire ma il motivo è molto semplice: Bearzot voleva un calciatore simile a Rossi per caratteristiche e io lo ero. Null’altro: non avevo neppure un rapporto particolare con Bearzot, semplicemente lui mi stimava come calciatore e io come tecnico”. Nessun dubbio sul compagno più forte avuto in carriera: “Zico. Un genio. Pensi che è capitato, più volte, che noi compagni fermassimo l’allenamento per far partire l’applauso collettivo per qualche giocata che faceva”.

Sui difensori più duri incontrati invece Selvaggi opta per un più diplomatico podio: “Vierchowod ha detto che io sono stato quello più difficile da marcare, detto da quello considerato il marcatore più duro è un onore. Poi ci metto anche Gentile e Collovati: parliamo di amici eh, ma che in partita non risparmiavano per nulla le maniere forti, attenzione non cattive, perché cattivi non lo erano, ma forti sì, era il loro stile e d’altronde fare i difensori era il loro mestiere. All’epoca si marcava l’uomo, mica come oggi?”. Come oggi, in un calcio che non vive certo un bel momento, con Selvaggi che si indigna: “Mio padre mi ha dato poco dal punto di vista materiale, ma tanta educazione e onestà: me ne vanto. Servono esempi: io ad esempio non darei ruoli negli organi calcistici a chi ha avuto condanne per scommesse, illeciti e cose del genere. Perché i ragazzi guardano gli esempi che hanno davanti: io quando allenavo in Serie C avevo mio nipote in rosa e non lo facevo mica giocare? Mia sorella non mi parlò per un anno per questo”. Oggi allena i ragazzini nella sua Basilicata Selvaggi: “Sento dire che non c’è passione, ma quando mai? Venite a vederli i ragazzi che voglia hanno di giocare a pallone. E ogni tanto gioco anche io eh: faccio ancora gol”. Poi magari i ragazzini al mister non riservano lo stesso trattamento che gli riservava Claudio Gentile, ma se la gioia è la stessa di quel gol nel derby va bene così.

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