I Pfas sono di nuovo ai disonori delle cronache: queste sostanze chimiche, ampiamente diffuse in numerosi prodotti e imballaggi di uso quotidiano, sono ora sotto accusa perché aumenterebbero i livelli di colesterolo, favorendo di conseguenza l’insorgere di infarti. Questo afferma lo studio dell’Università di Padova firmato da Carlo Foresta, in collaborazione con Alberto Ferlin e Nicola Ferri, che è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica Toxicology Reports.

Ma cosa sono esattamente i Pfas? Si tratta di un gruppo di molecole perfluoro-alchiliche largamente impiegate in una vasta gamma di prodotti di consumo, inclusi tessuti per divani, padelle da cucina antiaderenti, imballaggi alimentari, moquette, detergenti per la pulizia, abbigliamento sportivo tecnico e persino cosmetici. La loro caratteristica principale è la capacità di rendere i materiali impermeabili all’acqua e resistenti ai grassi.

Ciò che rende i Pfas particolarmente preoccupanti è la loro scarsa biodegradabilità e l’alta persistenza nell’ambiente e nei tessuti animali. La ricerca ha rivelato che i Pfas interagiscono con le membrane delle cellule del fegato, ostacolando l’assorbimento naturale del colesterolo e aumentando i livelli circolanti di colesterolo nel corpo. Da molto tempo i Pfas sono oggetto di osservazione da parte della comunità scientifica a causa delle preoccupazioni riguardo alle loro potenziali correlazioni con varie malattie a lungo termine negli esseri umani.

La dottoressa Vitalia Murgia, in rappresentanza dell’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente ISDE Italia, che sostiene una campagna per la messa al bando dei Pfas, ha commentato così la notizia: “L’Agenzia Europea dell’Ambiente ha evidenziato non solo un aumento dei livelli di colesterolo come uno degli effetti collaterali evidenti dell’esposizione ai Pfas, ma ha anche segnalato evidenze scientifiche sufficienti per associare queste sostanze a gravi patologie, tra cui disturbi della tiroide, danni al fegato, cancro ai reni e ai testicoli, oltre a una ridotta risposta ai vaccini nei bambini e a bassi pesi alla nascita”.

La Murgia ritiene che i Pfas dovrebbero essere immediatamente vietati, da subito in settori merceologici non considerabili ‘essenziali’ e in quelli dove vi sono già alternative sicure come nel caso dei cosmetici.

“Data la gravità e gli effetti accertati, dovrebbe essere obbligatorio indicare la presenza di Pfas sulle etichette dei prodotti, consentendo ai consumatori di fare scelte più informate. Spesso infatti acquistiamo merci che contengono acidi perfluoroacrili senza averne coscienza” commenta Vitalia Murgia.

Lo studio condotto da Carlo Foresta ha posto particolare attenzione ad alcune aree in Veneto contaminate dai Pfas per decenni dall’azienda chimica Miteni di Trissino. I residenti in questi territori presentano livelli di colesterolo nel sangue preoccupantemente elevati per il 57% della popolazione nella fascia d’età compresa tra i 35 e i 75 anni, rispetto al 22% della popolazione generale di controllo. Se gli allarmi da parte della scienza continuano, ci si aspetta ora una presa di posizione forte da parte delle Istituzioni per proteggere dai Pfas la salute umana e gli ecosistemi.

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