“Chiunque inizi una guerra contro Israele deve perdere territorio“. Quando sembra ormai imminente l’invasione di terra israeliana a Gaza, da Tel Aviv arrivano messaggi di minacce non solo rivolte, come successo fino ad ora, ad Hamas, il gruppo islamista che governa nell’enclave palestinese e artefice del massacro di civili del 7 ottobre scorso, ma a tutta la Striscia. Dopo le parole del presidente israeliano, Isaac Herzog, secondo cui i civili “avrebbero potuto ribellarsi, avrebbero potuto combattere contro quel regime malvagio che ha preso il controllo di Gaza”, le parole del nuovo ministro israeliano, Gideon Sa’ar spostano di nuovo il baricentro dell’azione israeliana: prima ancora che il conflitto inizi si sta chiarendo che a pagare per le vittime israeliane non sarà solo Hamas, ma tutta la Striscia di Gaza, compresi i suoi abitanti.

In un’intervista a Channel 12 News, il membro del nuovo governo di emergenza nazionale guidato dal premier Benjamin Netanyahu, ha chiarito che l’intento dello Stato d’Israele non è solo quello di andare a colpire e smantellare l’organizzazione terroristica che domina l’enclave palestinese, ma di ridurre l’estensione, già esigua, della stessa enclave per motivi di sicurezza: la Striscia di Gaza, ha dichiarato ai media, “deve essere più piccola entro la fine della guerra. Ci dovrebbe essere un’area classificata come zona di sicurezza dove chiunque entri viene intercettato. Dobbiamo rendere chiaro a tutti coloro che ci circondano il fine della nostra campagna. Chiunque inizi una guerra contro Israele deve perdere il territorio”.

Senza chiarire precisamente quale sarebbe il suo piano, Sa’ar sembra fare riferimento a una sorta di zona cuscinetto, da creare mangiando internamente il territorio della Striscia e che renda ancora più difficili incursioni attraverso quello che rimane comunque uno dei confini più pattugliati del mondo. Il problema, leggendo la questione dal punto di vista della popolazione gazawi, è che in questo modo verrebbe ulteriormente ridotto il già minimo spazio vitale degli abitanti di un’enclave che si estende per appena 365 chilometri quadrati a fronte di una popolazione di circa 2,3 milioni di persone. Numeri che la rendono una delle aree in assoluto più densamente popolate del mondo, con allo stesso tempo gravi problemi di approvvigionamenti dovuti al blocco imposto dalle autorità israeliane che ne controllano la quasi totalità dei confini, tranne l’area di Rafah che divide l’enclave dall’Egitto. Oltre a questo, però, se la previsione di Sa’ar dovesse avverarsi verrebbe lanciato anche un altro messaggio alla Palestina e al mondo: quella in corso non è più una guerra contro Hamas, è una guerra contro Gaza.

Twitter: @GianniRosini

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