Una settimana di guerra, zero domande da parte della stampa. L’associazione dei giornalisti israeliani accusa il premier Benyamin Netanyahu per il suo atteggiamento nei confronti dei mezzi di comunicazione: in una lettera aperta al primo ministro, i giornalisti rilevano che finora in tutti gli interventi di Netanyahu trasmessi alla televisione la stampa non è stata ammessa e non ha potuto rivolgergli domande. “In ogni paese democratico – aggiunge l’associazione – i capi dello Stato intrecciano un dialogo con il pubblico attraverso i mezzi di comunicazione”. Dopo l’attacco a sorpresa di Hamas, la stampa israeliana non ha mancato di criticare il governo Netanyahu, ritenuto colpevole – almeno secondo alcuni – di aver contribuito all’escalation con il popolo palestinese. Haaretz, quotidiano israeliano progressista da sempre schierato contro l’attuale primo ministro, è arrivato a chiederne le dimissioni “dopo probabilmente il giorno peggiore della storia di Israele.

Oggi però a criticare Netanyahu è l’intera associazione dei giornalisti, che chiede al premier di smetterla di silenziare le domande della stampa e organizzare al più presto una vera conferenza stampa, “visto che Israele si trova in una delle crisi di sicurezza più significative nella sua storia“. La lettera sottolinea che dal suo ritorno al potere, nel gennaio 2023, Netanyahu non ha rilasciato alcuna intervista ai media israeliani fatta eccezione per un incontro con alcuni giornalisti in una piccola emittente vicina alle sue posizioni politiche, Canale 14. Ha tuttavia parlato ripetutamente con emittenti straniere. “Facciamo appello al primo ministro – concludono i giornalisti – affinché nella sua prossima dichiarazione alla stampa dedichi ampio spazio a domande e risposte, e che queste conferenze stampa diventino poi un’abitudine“.

La fuga dalle domande di Netanyahu gli permette di non rispondere della clamorosa débâcle dell’intelligence e dell’esercito israeliano, sorpresi dall’assalto di Hamas che così ha potuto compiere il massacro nel sud del Paese. Stando ai numeri pubblicati dal Jerusalem Post, 4 israeliani su 5 incolpano il premier di aver permesso, col suo operato, l’azione omicida dei miliziani islamisti che governano la Striscia di Gaza. L’86% degli intervistati, compreso il 79% dei sostenitori della coalizione, ritiene che l’attacco a sorpresa da Gaza sia un fallimento della leadership del Paese. Inoltre, quasi tutti gli intervistati (94%) ritengono che il governo sia responsabile della mancanza di preparazione in materia di sicurezza che ha portato all’assalto al Sud, con oltre il 75% convinto che la maggior parte della responsabilità sia del governo.

Come se non bastasse, contro Netanyahu si è scatenata anche la rabbia dei familiari degli ostaggi di Hamas. Un gruppo di manifestanti nella mattinata di sabato 14 ottobre si è riunito di fronte al ministero della Difesa israeliano mostrando scritte come “Tutta colpa di Netanyahu“ e “Ridateci i nostri figli”. Obiettivo del raduno è stato protestare contro la scarsa considerazione del governo di Tel Aviv per gli ostaggi catturati da Hamas nell’attacco del 7 ottobre.

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