“Ne è valsa la pena” (edizioni Ottocervo) è il racconto della storia di Germano Nicolini, una figura centrale della nostra Resistenza. Il “partigiano diavolo” ci ha lasciati nel 2020, all’età di cento anni, e la sua è stata una vita romanzesca, vissuta pienamente fino alla fine, capace di ispirare intere generazioni, in Emilia Romagna e in tutto il Paese. La graphic novel, pubblicata dall’etichetta di fumetti di Antonio Mandese Editore e in collaborazione con il circolo culturale Primo Piano di Correggio (Re), è firmata da Marco Aldrighi (testi), Christian Galli (disegni) e Alberto Bugiù (colori). Il progetto nasce dal desiderio di esprimere, attraverso le immagini, quelli che sono i valori fondanti che hanno guidato Nicolini in un’esperienza lunga un secolo: onestà, senso di giustizia, amore e, soprattutto, rispetto. Una parola ripetuta più volte da Germano, fino agli ultimi istanti, rispetto che non è mai venuto meno neppure quando ha dovuto sopportare un calvario giudiziario che sarebbe durato quasi cinquant’anni. Anche “Ne è valsa la pena” vuole rappresentare una forma di rispetto, il passaggio del testimone che una persona esemplare ci ha lasciato. L’ambizione è quella di raccontare la quotidianità di Germano Nicolini, intrisa di fatica e sacrificio, ma anche di speranza e fiducia nel futuro: non solo il processo e le gesta coraggiose del partigiano, ma anche le sfumature colte tra le mura domestiche e nate dall’incontro con altre persone comuni. Prefazione di Walter Veltroni. Età di lettura: da 12 anni.

Pubblichiamo l’intervento della nipote Francesca Nicolini, tratto dall’introduzione. Il fumetto sarà presentato sabato 7 ottobre alle 17:30 presso la libreria Kaffeklubben a Guastalla (Re). Intervengono gli autori: Marco Aldrighi, Alberto Bugiù, Francesca Nicolini. Conduce Betti Bigi.

Era un uomo buono (di Francesca Nicolini)

Germano Nicolini, mio nonno, era un uomo buono. Non mi legano a lui solo ricordi ordinari da nipote, ma immagini e discorsi straordinari. Mi sembra ancora di vederlo, sulla poltrona di velluto verde in sala, con i suoi spessi occhiali color tartaruga posati su un quotidiano. Sbilanciato sul fianco destro, che gesticola raccontando il passato, con quegli occhi pieni di passione e sentimento, che non si sono mai spenti, neanche verso la fine della sua corsa.

È paradossale che la maggior parte dei ricordi che ho di mio nonno siano da seduto, lui che nella sua vita è dovuto scappare dai cattivi e ha continuato a camminare irreprensibilmente sulla strada che porta alla verità, fino a raggiungerla.

Abbiamo avuto modo di girare insieme un docu-film dal titolo Non camminiamo da soli in cui lo intervistavo su vari temi. Lo abbiamo presentato in Teatro a Rio Saliceto, ricordo ancora gli applausi e i sorrisi, era felice. Lo ero anche io. Eravamo insieme, a testimoniare con orgoglio una Resistenza durata una vita. Mi diceva: «Nano, cerca di fare sempre ciò che è giusto, perché ciò che è giusto lo è e basta». Questo mi ha portato a riflettere molto sulle cose, a mettermi nei panni degli altri, a dare peso alle parole, perché tutto ha delle conseguenze su di noi e su chi ci sta intorno e bisogna avere cura anche dei comportamenti. E non lo diceva mio nonno, ma un uomo anziano che aveva vissuto dieci anni di carcere da innocente e che aveva dovuto aspettarne quasi cinquanta per vedersi riabilitati i diritti di cittadino. Allora capivo che non era solo un parente, ma un testimone universale di amore, fraternità e giustizia.

Organizzavo pomeriggi nella sua casa di Correggio, con persone provenienti da tutta Italia, che mi cercavano e scrivevano sui social per incontrarlo. Una ragazzina calabrese di tredici anni, come premio per l’esame di terza media, ha chiesto ai propri genitori di poter incontrare Germano Nicolini. Non lo dimenticherò mai, quanto lui fosse orgoglioso che tutto quello che aveva vissuto, anche di indicibilmente doloroso, avesse un significato per qualcuno. L’abbracciò forte quella ragazzina. Capiva e capivo da quegli incontri così spontanei e genuini che ne era valsa la pena.

Gli avevano rovinato la vita, ma aveva saputo ricostruirsela raccontandola, stando dalla parte dei più deboli, lanciando messaggi di speranza alle nuove generazioni, partecipando alla politica locale e non solo. Era una persona ingombrante, perché non poteva lasciare indifferente nessuno, perché parlava anche stando in silenzio. Queste sono le caratteristiche tipiche di coloro che hanno saputo provare dolore, che hanno sofferto, ma che sono state in grado di trasformare tutto questo in energia e valore.

Ricordo ancora quando l’ho accompagnato sul palco del Teatro di Carpi in diretta televisiva il 25 aprile del 2017, il suo abbraccio con il Presidente Sergio Mattarella, che gli ha donato la sua ultima gioia con il conferimento onorario di Cavaliere della Repubblica.

Caro nonno, mai avrei voluto che arrivasse il momento di salutarti e ancora non me ne rendo conto. Negli ultimi mesi ti registravo mentre mi parlavi, perché sapevo che sarebbe arrivato il momento di riascoltarti per non dimenticare il suono della tua voce.

Custodisco tutto gelosamente, e cerco di trasmettere agli altri l’amore che mi hai saputo donare. A partire da questo fumetto, che avresti sfogliato con attenzione fino a consumarlo dicendo “brava, sei proprio come tua zia Riccarda”.

Ora ti saluto nonno, è giunto il momento di lasciarti un po’ anche agli altri, a chi non ti ha mai conosciuto, a chi ti ricorda con affetto e anche a chi, forse, non ti ha mai compreso. Perché sapevi unire gli opposti, perché ascoltavi chiunque, perché a tuo parere tutti avevano qualcosa da insegnare.

Ciao nonno Ger, continua a riempirci. Sento ancora forte la nostra stretta di mano.

Tua Francesca

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