Costrinsero una 15enne a fare sesso di gruppo e filmarono gli abusi. Due anni dopo lo stupro la ragazzina si tolse la vita. Dopo oltre sei anni dai fatti è stato fissato il processo per la violenza sessuale di gruppo e la diffusione del video che portarono al suicidio, il 18 maggio 2017, un’adolescente dell’Agrigentino, che si tolse la vita lanciandosi nel vuoto dalla rupe Atenea di Agrigento. Il giudice per l’udienza preliminare di Palermo, Marco Gaeta, ha rinviato a giudizio due dei ragazzi che ne abusarono. Devono rispondere di violenza sessuale aggravata e diffusione di materiale pedopornografico. Per questo secondo reato (di competenza della procura distrettuale) le indagini della Squadra mobile di Agrigento sono coordinate dalla procura di Palermo e non da quella agrigentina. Il processo per i due maggiorenni comincerà il 4 dicembre davanti ai giudici della I sezione del tribunale di Palermo. L’accusa in aula sarà rappresentata dai pm Giulia Amodeo e Luisa Bettiol.

Ad abusare della giovane due anni prima, nel 2015 furono in quattro, due maggiorenni e due minorenni. Per i due imputati dalla procura per i minorenni di Palermo, l’udienza preliminare si terrà martedì davanti al gup Antonino Pardo. Il pm della procura del tribunale dei minorenni di Palermo, Massimo Russo, a metà settembre scorso, ha chiesto infatti il processo per i due che oggi hanno 26 anni ma che, all’epoca, fra il 2014 e il 2015, non erano ancora maggiorenni.

La squadra mobile di Agrigento, indagando sul suicidio, dopo avere scartato alcune piste come quella delle sette sataniche, era risalita ai video. I quattro giovani – è l’atto di accusa dei pm della procura di Palermo Luisa Bettiol e Giulia Amodeo – avrebbero abusato delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della ragazza “legata al consumo di sostanze alcoliche“. Alla vittima sarebbe stato intimato di restare ferma e non si sarebbero arrestati neppure davanti all’espresso rifiuto della quindicenne che, sostiene l’accusa, ha pronunciato frasi dal contenuto inequivocabile. “Non voglio”, “non posso”, “mi uccido”, “no, ti prego.. mi sento male”.

Su Facebook la vittima scrisse questo post prima di togliersi la vita: “Nessuno di voi sa e saprà mai con cosa ho dovuto convivere da un periodo a questa parte. Quello che mi è successo non poteva essere detto, io non potevo e questo segreto dentro di me mi sta divorando. Non sono una persona che molla, una persona debole, io sono prepotente, voglio cadere sempre in piedi e voglio sempre averla vinta, ma questa volta non posso lottare, perché non potrò averla vinta mai, come però non posso continuare a vivere così, anzi a fingere così…”.

Se hai bisogno di aiuto o conosci qualcuno che potrebbe averne bisogno, ricordati che esiste Telefono amico Italia (0223272327), un servizio di ascolto attivo ogni giorno dalle 10 alle 24 da contattare in caso di solitudine, angoscia, tristezza, sconforto e rabbia. Per ricevere aiuto si può chiamare anche il 112, numero unico di emergenza. O contattare i volontari della onlus Samaritans allo 0677208977 (operativi tutti i giorni dalle ore 13 alle 22).

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