La disumanizzazione delle vittime e del senso della commemorazione per il decennale della strage di Lampedusa dove, a poche centinaia di metri dalla riva, morirono 368 persone, è stata evidente dall’assenza di qualsivoglia esponente dell’esecutivo. Questa diserzione in massa non è solo uno schiaffo in faccia ai quei morti ma è la prova più evidente che quei corpi sono serviti soltanto ad un fine politico ed elettorale.

Mentre le bare venivano messe in fila dentro ad un capannone e Enrico Letta, allora presidente del Consiglio, diceva “mai più”, gli sciacalli politici addossavano la colpa del naufragio all’esecutivo e alle politiche migratorie disgraziate. “Abbiamo noi la soluzione in tasca” dicevano, nel 2013. “Basta taxi del mare; stop all’invasione e blocco navale immediato”. In quegli istanti nei quali i corpi giacevano nelle casse, abbandonati ai flash dei fotografi, questi sciacalli del politicamente scorretto si affannavano a scrivere un post dietro l’altro, a diffondere più video possibili dei crimini commessi dagli immigrati.

Il teorema seguito è sempre stato quello di: ad ogni strage, spingere per la delegittimazione del governo, incapace di gestire l’emergenza. Salvo poi trovarsi al loro posto e dover rendere conto a elettorato e alleati di governo.

Ecco allora che oggi l’unica strategia possibile dell’esecutivo sia quella di cancellare l’immigrato, eliminare ogni sorta di commemorazione, in barba all’associazionismo e alle persone sensibili al tema. Al posto di creare una coscienza civile – come viene fatto in maniera, purtroppo, macchinosa con il giorno della memoria – si tende ora a fuggire dal confronto con la storia e il senso civico. Ma d’altra parte questa Repubblica delle Banane non ha finito di dare i suoi frutti.