Vengono definite “brevi cariche” e in gergo si usa l’eufemismo di “cariche di alleggerimento“. Quel che resta nei video che ormai rimbalzano su tutti i social sono le manganellate ai giovani, e in certi casi giovanissimi, che hanno partecipato al corteo che a Torino voleva contestare la presenza della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, arrivata in città per il Festival delle Regioni. Gli “identificati” – come da fonti della questura riportate dalle agenzie – sono circa 60 sui circa 300: in gran parte studenti dell’università e delle scuole superiori e poi comitati studenteschi come “Cambiare Rotta”, attivisti del movimento No Tav e di Potere al Popolo. La Digos parla di almeno sei o sette tentativi di sfondamento del cordone di sicurezza e indica in alcuni esponenti del centro sociale Askatasuna gli animatori delle violenze. Sono in via di preparazione le denunce per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, lancio di oggetti pericolosi e manifestazione non autorizzata. Dal reparto mobile della polizia si segnalano 4 feriti, i manifestanti parlano di due feriti più diversi contusi. Da sinistra si parla di uso ingiustificato della forza (come dice l’Alleanza Verdi-Sinistra), da destra si risponde che si trattava di “pseudostudenti che si trasformano in professionisti del disordine” (parole del ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo). La presidente del Consiglio commenta così: “Se le contestazioni sono dei centri sociali, lo considero perfettamente normale. Anzi, mi ricorda che sono dalla parte giusta della storia, se mi contestano quelli che insultano le forze dell’ordine e organizzano il racket delle occupazioni abusive”. Basterà vedere le immagini per capire se le contestazioni sono “dei centri sociali”.

Il corteo era punteggiato di striscioni e cartelli che recitavano tra l’altro “Meloni a Torino non sei la benvenuta”, “Soldi allo studio e non alla guerra” e “La vostra repressione non fermerà noi studenti”. I momenti di tensione si sono verificati quando il corteo ha cercato di “sfondare” il cordone delle forze dell’ordine per tentare di raggiungere la piazza di fronte al Teatro Carignano, dove era attesa la capa del governo. Calci, uova, spintoni, cori, i tentativi di mediazione della questura e infine le manganellate. Restano cristallizzate dai filmati alcune scene in particolare. Intanto l’espressione che alcuni attribuiscono a quello che pare un dirigente della questura (“Basta, hanno rotto il cazzo“) subito prima di un cenno per far partire la carica del reparto mobile all’indirizzo di giovani che a prima vista non sembravano “professionisti del disordine” e di sicuro in quel momento erano fermi sul posto e non stavano tentando sfondamenti.

In un’altra scena ripresa dai telefonini dei manifestanti si vede un poliziotto che agita quasi a casaccio il manganello contro chiunque si ritrovi a tiro. “Che cazzo fai, meni i ragazzini?” gli chiede una manifestante. Il poliziotto fa cenno ai giovani di farglisi incontro, a un certo punto un collega lo deve calmare, lo porta indietro con un braccio, sembra dirgli di darsi una regolata.

L’interrogativo è perché alcuni poliziotti si siano ritrovati circondati dai manifestanti e si riaffaccia il tema dell’identificazione degli agenti (oltre che dei manifestanti) anche se è chiaro che il periodo storico – cioè politico – non agevola una riforma del genere. PiùEuropa parla di “una violenza ingiustificabile e ingiustificata della polizia. È così che la premier Meloni e il ministro Piantedosi hanno intenzione di gestire il dissenso manganellando dei ragazzini a volto scoperto e indifesi?”. Alessandro Zan (Pd) chiama in causa il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “Chiarisca immediatamente l’accaduto: l’uso della forza e della violenza ingiustificata non è tollerabile”. Marco Grimaldi e Alice Ravinale, per Verdi-Sinistra, sottolineano che “l’incolumità di Meloni non era a rischio: è intollerabile che ogni dissenso sia gestito con la forza da un esecutivo che capisce solo la logica della punizione, della repressione e dell’inasprimento delle pene”. Francesca Frediani, consigliera regionale di Unione Popolare, parla di “pessima gestione dell’ordine pubblico“.

Naturalmente è molto diversa la lettura dei partiti di maggioranza. Secondo il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti sono “le solite immagini di violenza per opera dei collettivi universitari” ed è “la solita guerriglia condotta da sedicenti studenti con l’hobby della manifestazione di piazza, che nulla hanno a che fare con le reali istanze di chi davvero vive la realtà accademica”. Per Foti “dietro questi pseudo-universitari si nascondono movimenti pronti a coalizzarsi assieme ai collettivi e ad altre sigle di sinistra indagate per terrorismo. Il governo Meloni non arretrerà di un millimetro di fronte a queste azioni pericolose volute dagli epigoni della violenza politica e fiancheggiatori dell’eversione”. Augusta Montaruli, vicecapogruppo Fdi alla Camera (e come noto condannata in via definitiva a un anno e mezzo di carcere per peculato) si tratta di “un’aggressione inammissibile da parte di facinorosi travestiti male da studenti”. Per il governatore del Piemonte Alberto Cirio “le proteste non erano rivolte a Meloni”, perché “a Torino c’è una componente anarchica che contesta tutto e tutti”.

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