“Per diventare psicologa abilitata ho dovuto lavorare 750 ore in maniera totalmente gratuita e così tutti i miei colleghi di corso. Alla fine riesci a diventare psicologo solo se te lo puoi permettere perché tempo di fare un altro lavoro per poterti mantenere non ce n’è”, racconta Claudia (nome di fantasia, ndr) a ilfattoquotidiano.it. Sono migliaia i giovani che ogni anno in Italia si iscrivono all’università con il sogno di diventare psicologi, ma sono pochi quelli che al termine del percorso di studi riusciranno effettivamente a sbarcare il lunario svolgendo questa professione. Il motivo principale sono le condizioni professionali a cui gli studenti tirocinanti e i giovani abilitati alla professione sono sottoposti.

“La gran parte delle strutture che ospitano noi tirocinanti si reggono in piedi solamente grazie al nostro lavoro gratuito e nonostante questo veniamo trattati malissimo, con atteggiamenti da nonnismo da caserma”, racconta Claudia. “Io ho sempre voluto fare la psicologa, da quando sono bambina. Affacciandomi al mondo del lavoro ho scoperto quanto questa professione sia bistrattata in Italia. E sto seriamente pensando di abbandonarla perché il problema non è solo il tirocinio non retribuito. Una volta abilitati, i redditi medi di uno psicologo rasentano la povertà assoluta”.

Per diventare psicologo abilitato è necessario svolgere un tirocinio professionalizzante di 750 ore senza percepire alcun tipo di compenso o rimborso spese. A differenza dei medici specializzandi, infatti, per i giovani psicologi e psicoterapeuti non esistono borse di studio che retribuiscono la pratica durante il periodo di formazione. Attualmente, all’Ordine nazionale sono iscritti oltre 100.000 psicologi e i redditi medi degli iscritti, pur essendo leggermente aumentati rispetto al periodo pre-pandemia, si aggirano intorno ai 19.000 euro annui. A guadagnare di meno in media sono le donne, che si attestano a circa 16.700 euro all’anno, mentre gli uomini risultano avere un reddito medio pari a 22.000 euro all’anno.

Secondo l’Enpap, l’ente nazionale di previdenza e assistenza degli Psicologi, questo profondo gap salariale tra i due generi si sta riducendo ma resiste ancora a causa di “stereotipi di genere, interruzioni di carriera ma, soprattutto, disponibilità di ore lavorative ridotta” perché molto spesso proprio sulle donne ricadono le incombenze di assistenza familiare da gestire: “Ancora oggi le responsabilità familiari sono spesso motivo di interruzione di carriera, e così le donne accumulano meno esperienza nel tempo rispetto agli uomini e rischiano di perdere anche opportunità di crescita professionale, nei periodi di lontananza dal lavoro”.

“Senza abilitazione non ho possibilità di lavorare e per potermi abilitare devo lavorare gratis”, racconta Giuseppe. “Sarebbe anche un sacrificio sensato se al termine del tirocinio ci fosse poi la possibilità di costruirsi una stabilità economica dignitosa, ma non è così. Una mia collega, già abilitata alla professione, con un master ma ancora non specializzata, ha dovuto lavorare in una clinica full time ma veniva retribuita solamente per le ore svolte durante la mattinata. Quelle pomeridiane le lavorava in maniera totalmente gratuita”.

Accedere a una scuola di specializzazione in psicoterapia può non essere alla portata di tutti. E non per questioni di capacità, ma sempre per ragioni economiche. Per diventare psicoterapeuti, infatti, occorre avere una laurea in psicologia, aver dato l’esame di stato ed essere dunque già abilitati alla professione. Una volta concluso questo primo pezzo di percorso, è necessario iscriversi a una scuola di specializzazione della durata di 4 anni per un costo totale che può facilmente raggiungere i 20.000 euro. Anche in questo caso, però, a differenza dei medici specializzandi, i tirocini professionalizzanti a tempo pieno, obbligatori ogni anno, sono totalmente non retribuiti.

“Noi come psicologi dobbiamo ottenere l’abilitazione per lavorare, il nostro percorso prevede 750 ore l’anno di tirocinio obbligatorio non retribuito. Dopo l’esame di stato gli sbocchi sono principalmente due: o la libera professione, ma è estremamente complicato riuscire a entrare in studi privati associati quando si è neoabilitati, oppure il terzo settore – racconta Sebastiano Musolino, vicepresidente di Libera Associazione Psicologia – L.A.Psi. – “Lavorare nel terzo settore significa generalmente lavorare per associazioni o cooperative retribuiti 10 o massimo 20 euro all’ora lordi in partita Iva. Esiste anche la possibilità di andare a lavorare come psicologi per le scuole ma in questo caso la normativa non prevede l’assunzione all’interno dell’organico. Lo psicologo è di fatto una risorsa chiamata al bisogno, con incarichi a tempo determinato di breve durata. Poi, c’è anche lo scoglio della specializzazione: per esercitare la professione di psicoterapeuta bisogna conseguire una specializzazione di 4 anni che ha un costo non indifferente, circa 5mila euro l’anno di retta, ed è obbligatorio lo svolgimento di un tirocinio all’anno non retribuito. In sostanza si lavora gratis anche se si è già psicologi abilitati, quindi molti specializzandi finiscono per dover fare due lavori insieme per potersi mantenere in qualche modo alla soglia dei 30 anni”.

Da qualche anno a questa parte in Italia stanno spopolando servizi di psicoterapia online come quelli forniti da Unobravo, startup fondata nel 2019 da Danila De Stefano, che attualmente è arrivata ad arruolare circa 4000 professionisti tra psicologi e psicoterapeuti. Unobravo offre sedute psicologiche o psicoterapeutiche a prezzi calmierati, 49 euro per le sedute singole e 59 euro per quelle di coppia, per una durata di 50 minuti. Se il servizio è sicuramente molto utile per gli utenti e sopperisce alle gravi carenze del sistema sanitario nazionale che non è in grado di assicurare queste prestazioni in maniera capillare, quali sono le implicazioni per i professionisti che operano sulla piattaforma?

“Ho lavorato per Unobravo per qualche mese. All’epoca il prezzo della seduta singola era di 45 euro, la piattaforma tratteneva 15 euro e a me rimanevano 30 euro. Vista così potrebbe sembrare una somma adeguata, ma non lo è affatto perché parliamo di 30 euro lordi in Partita Iva per quasi un’ora di lavoro – racconta Eleonora (nome di fantasia, ndr) a ilfattoquotidiano.it – A questo compenso io devo sottrarre tasse, contributi e una quota per pagarmi le spese dell’affitto di un piccolo studio, le bollette di luce e internet e via dicendo. Sicuramente Unobravo facilita i professionisti nel crearsi un giro di pazienti piuttosto solido, ma con queste tariffe il rischio è che si debba lavorare senza sosta per poter davvero riuscire a fare fronte a tutte le spese che ci sono. La verità è che molti psicologi e psicoterapeuti che lavorano con queste piattaforme sono giovani neoabilitati. Nessun terapeuta esperto lavorerebbe mai a queste condizioni”. Ilfattoquotidiano.it ha sottoposto a Unobravo una serie di domande rispetto alle condizioni professionali e retributive di psicologi e psicoterapeuti che lavorano attraverso la piattaforma ma non ha ancora ricevuto risposta.

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