L’ennesima lotta di potere si profila all’orizzonte in Libia. Questa volta, uno contro l’altro ci sono Elseddik Haftar, figlio maggiore di Khalifa Haftar, e Saddam Haftar, il più giovane. Due figli molto diversi che si contendono la fiducia del padre come nella più banale delle storie familiari. Il primo – somigliante in maniera impressionante al padre- è una mosca bianca nella famiglia dell’uomo forte della Cirenaica: non ricopre incarichi militari, non è accusato di gravi crimini contro l’umanità e non c’è – almeno per ora- alcun sospetto di corruzione. Super attivo sui social, nella sua biografia su X si presenta come uomo d’affari e dottore in diritto internazionale.

Elseddik viene definito dagli analisti il “jolly”, la faccia pulita che potrebbe servire al feldmaresciallo nel caso in cui la sua candidatura alle eventuali prossime elezioni, non andasse in porto. Quando lo scorso 11 settembre, la città di Derna veniva spazzata via dalla furia della tempesta Daniel e dal conseguente collasso delle due dighe ai margini della città, Elseddik Haftar si trovava a Parigi. Una piccola sosta prima di volare a Strasburgo al Parlamento Europeo, per poi spostarsi a Bruxelles per partecipare al Press Club Bruxelles Europe, un forum permanente di discussione che riunisce i giornalisti internazionali e che è stato inaugurato nel 2010 dall’ex presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso. Il motivo della sua visita alle istituzioni europee è chiaro: fare lobbying apparentemente per conto del padre, ma anche e soprattutto per sé stesso. Le notizie catastrofiche da Derna lo hanno colto di sorpresa ma non impreparato. Alle domande della stampa ha risposto sicuro:“Mio padre, grazie alla sua saggia leadership, aveva intuito le cose giorni prima che si verificasse la catastrofe. È stato istituito un allarme totale: l’esercito ha emesso un ordine per i cittadini di evacuare tutta l’area. Ma dato che ciò non aveva precedenti nella nostra regione, molti residenti non hanno reagito”.

Elseddik ha difeso strenuamente l’operato del padre, ma la sua versione è stata ampiamente smentita subito dopo. D’altra parte, la fedeltà al capofamiglia è la cifra di tutti i figli di Haftar. Ma Elseddik sa che, rispetto agli altri, lui ha una marcia in più: non ha scheletri nell’armadio e ha una buona rete di contatti in Europa. “Penso di avere tutti i mezzi per aiutare e stabilizzare la Libia e mettere in atto la coesione e l’unità dei libici”, ha detto ai giornalisti. “Se i libici vedono che posso aggiungere valore, cambiare le cose- ha aggiunto- allora perché no?”. Ma l’ascesa al potere di Elseddik Haftar si preannuncia difficile. Il feldmaresciallo, infatti, ha 6 figli, uno di quali è Saddam Haftar, il più piccolo e anche il più feroce e avido di potere, il cui nome è un omaggio al dittatore iracheno. Accusato da Amnesty International di crimini di guerra, Saddam ha 32 anni e dal 2016 è a capo della milizia Tareq Ben Zayed, la più influente nell’ Esercito nazionale libico (LNA), ovvero la forza militare della Libia Orientale. É considerato da molti il possibile successore di Khalifa Haftar.

Anche il padre lo crede, tant’è che ha chiesto ad Aguila Saleh, il presidente dalla Camera dei Rappresentanti, e a Mohammed Menfi, il presidente del Consiglio presidenziale, di sostenere Saddam nelle future elezioni. Haftar ha promosso la sua candidatura anche tra i capitribù della Cirenaica alcuni dei quali, però, non vedono di buon occhio il figlio più piccolo del feldmaresciallo: troppo violento. Nonostante non abbia mai fatto l’accademia militare, è stato subito promosso capitano nel 2016 e poi colonnello nel 2019. Le promozioni lampo, però non sono finite qui per Saddam. La scorsa settimana, infatti, è stato nominato capo del Disaster Response Committee, organo incaricato di gestire l’emergenza a Derna. Peccato, però, che proprio il giovane rampollo di casa Haftar non abbia alcuna esperienza in fatto di organizzazione dei soccorsi. In passato non si è trovato ad affrontare neanche una piccola evacuazione, un incendio. Niente. Eppure uno degli incarichi più importanti e delicati di questo momento in Libia, è stato affidato proprio a lui.

Saddam dovrà imparare sul campo a coordinare le squadre di soccorso che ancora scavano tra le macerie per cercare di recuperare altri corpi e, soprattutto, dovrà occuparsi degli ingenti aiuti economici che stanno arrivando dalla comunità internazionale. Un portafoglio rigonfio di soldi che sarà gestito interamente da lui. Niente male per una persona accusata di aver assaltato nel 2017 la sede della Cirenaica della Banca Centrale libica, rubando 160 milioni di euro, 6 mila monete d’argento e altri 639 milioni di dinari libici (per intenderci, circa 120 milioni di euro). La partita fra i due fratelli è ufficialmente aperta. Come previsto dalla legge elettorale, per poter partecipare alle elezioni presidenziali Saddam dovrebbe rinunciare agli incarichi militari. Ma con un peso politico inesistente, difficilmente rinuncerà all’unica cosa di potere che ha, ovvero il controllo delle forze armate.

Nel frattempo Khalifa Haftar continua a tessere la rete di supporto internazionale al suo potere. Martedì, 26 settembre è partito alla volta di Mosca dove ha incontrato prima il ministro della Difesa Sergei Shoigu e giovedì, 28 settembre, il presidente Vladimir Putin. Il capo del Cremlino e il feldmaresciallo non si incontravano dal 2019, cioè dai tempi dell’offensiva di Haftar su Tripoli – poi fallita- sostenuta dai mercenari della Wagner. “Hanno discusso della situazione in Libia e nella regione nel suo complesso”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov all’agenzia di stampa statale russa Tass. Sui contenuti del loro incontro non si sa ancora nulla di preciso, ma due questioni sono sul tavolo: la possibilità per le navi russe di utilizzare un porto – a scelta fra Tobruk o Bengasi- per rifornimenti o riparazioni; e il futuro del sostegno russo alla causa di Haftar, dopo la dipartita del capo della Wagner, Yevgeny Prighozhin. Il successore dell’ex cuoco di Putin è stato già scelto ed è Andrey Troshev, colonnello in congedo, già capo di staff di Wagner in Siria. Toccherà a lui riorganizzare e riarmare il gruppo in Libia.

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