Mercoledì 27 settembre è stata una giornata inquietante per gli indios, i difensori del medio ambiente e della democrazia brasiliana. Nonostante una settimana prima il Supremo tribunale federale avesse proclamato incostituzionale il cosiddetto “Marco Temporal”, il Senato brasiliano ha approvato con procedura d’urgenza la bozza del progetto di legge che limita le terre indigene, senza apportare modifiche al testo già passato al vaglio della Camera.

Il Marco Temporal, nato nel governo dell’ex presidente Jair Bolsonaro e sostenuto dalla potente lobby dell’agro-business, prima economia sudamericana, è il principio che limita la demarcazione delle terre indigene a quelle che erano già occupate dai popoli nativi prima dell’entrata in vigore della Costituzione del 1988, rischiando di impedire alle popolazioni indigene, ma anche alle comunità formate dai discendenti degli schiavi fuggiaschi, le quilombola, il diritto ad ottenere titoli di proprietà fondiaria.

La legge ora passerà al vaglio del presidente Inácio Lula da Silva, che potrà porre il veto su alcuni estratti del testo o rigettarla totalmente. Il Congresso nazionale del Brasile avrebbe il potere di scavalcare i veti presidenziali e ripristinare la validità del progetto, ma deve tenere conto della sentenza di incostituzionalità della Corte suprema, che ha facoltà ultima di annullare nuovamente la legge. Per aggirare il Supremo, la settimana scorsa i senatori dell’opposizione, conservatori e bolsonaristi, hanno presentato una proposta di emendamento alla Costituzione (Pec) nella quale vogliono includere la disposizione nella Costituzione stessa, in modo che non possa essere annullata dalla Corte Suprema.

L’approvazione di una Pec, tuttavia, è una procedura complessa da ottenere, perché richiede la maggioranza dei voti alla Camera e al Senato, dove deputati e senatori difficilmente si troveranno d’accordo a favore di un emendamento alla Costituzione. Comunque andranno le cose, si prevede una lunga e dura lotta politica accompagnata da chiari interessi economici, in cui il presidente Lula e il Supremo tribunale federale avranno un ruolo determinante per impedire che il Marco Temporal diventi legge.

Così l’agro-business brasiliano, settore economico e finanziario che tiene alto il Pil del Brasile, flirta ancora con il bolsonarismo e mantiene una relazione molto ambigua con il governo Lula. Se la legge sarà realmente ratificata, la popolazione indigena e i quilombola potrebbero vedere cancellate anche le riserve in loro possesso già demarcate negli anni passati. Ma questo non è l’unico punto inaccettabile per i popoli indigeni. Il Marco Temporal prevede anche la possibilità che l’Unione si riprenda le terre indigene in caso di cambiamento delle caratteristiche culturali delle comunità e le destini al Programma nazionale di riforma agraria con lotti preferibilmente destinati alle popolazioni indigene. Ma non solo. La legge apre anche alla possibilità di convalidare titoli di proprietà o possesso di individui in aree appartenenti a comunità indigene, vieta l’espansione delle terre indigene già delimitate, consente contratti di cooperazione con popolazioni non indigene per attività economiche anche nell’ambito di coltivazioni transgeniche e il contatto con i popoli isolati per mediare l’azione statale di pubblico beneficio.

La sfida del senato contro il giudiziario mostra per l’ennesima volta come Lula non sia in grado di controllare il Congresso. Il presidente brasiliano si è fatto più volte portavoce nel mondo di uno sviluppo sostenibile in Amazzonia, dove gli Indios sono i guardiani della grande foresta pluviale, ormai a pochi passi, secondo gli ecologisti, a un punto di non ritorno per la devastazione in corso a causa dell’espansionismo dell’agro, dell’allevamento, del disboscamento e dell’esplosione di fazioni di narcotrafficanti e cercatori d’oro.

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