Ci sono delle battaglie politiche e culturali, oggi, che non sono solamente simboliche. Sono anche delle spie di una visione generale del mondo.
Da una parte, c’è una adesione aprioristica, fideistica, al blocco occidentale, sostanzialmente atlantico ed atlantista, il quale usa senza tregua le parole “democrazia” e “libertà”, e poi però le declina in modo completamente diverso a seconda delle circostanze. Dall’altra c’è chi, anche nel ricco occidente, si arrovella sul termine “democrazia” e “libertà”, e riconosce il doppiogiochismo, il doppiopesismo e l’ipocrisia di quasi tutti coloro che ci governano, e non solo.

Una battaglia spia è la questione palestinese. Ormai nessuno ne parla, nessuno si spende, nessuno organizza una campagna a favore di un popolo che vive in stato di apartheid. Un’altra battaglia spia è quella per la liberazione del giornalista Julian Assange, incriminato e condannato dagli Stati Uniti perché ha rivelato crimini di guerra e non ha garantito l’impunità ai potenti. Ha, in altre parole, fatto il giornalista.

Assange è detenuto in condizioni terribili in Gran Bretagna e potrebbe a brevissimo essere estradato negli Stati Uniti.
Il fronte delle opposizioni italiane, parlamentari e sociali, tace. Perché? Il retropensiero, e spesso anche l’ammissione, è che agli Stati Uniti deve essere permesso di fare ciò che vuole, perché sono il nostro principale alleato. In altri termini, siamo un paese a sovranità limitata e, pertanto, non disturbiamo il nostro alleato, che ci garantisce anche un ombrello militare di protezione.

Vogliamo un mondo così? O vogliamo un mondo multipolare, in cui la stragrande maggioranza della popolazione (Asia, Africa, America Latina) non viva subordinata ai bianchi che vivono in Europa e negli Usa/Canada? A leggere il silenzio dei media, della politica, degli opinion leader, è proprio così. Fabio Fazio: perché non hai mai invitato Stella Assange in trasmissione? Elly Schlein: non hai niente da dire? Giuseppe Conte: il tuo partito, nella figura di qualche parlamentare, si è espresso. Tu perché non fai di Assange una bandiera?

Molti mesi fa, al congresso, la Cgil Sardegna ha approvato un ordine del giorno in cui si impegnava “a sostenere il principio della libertà di stampa e di espressione mediante l’adesione alla campagna mondiale per la liberazione di Julian Assange. Il presente ordine del giorno impegna[va] la Cgil a fare conoscere a tutte le sue iscritte/i le ragioni dell’adesione alla campagna mondiale per la liberazione di Julian Assange. Il presente ordine del giorno impegna[va] la Cgil a deliberare, entro sei mesi dalla sua approvazione, la consegna a Julian Assange della tessera onoraria della Cgil”. L’ordine del giorno è arrivato al congresso italiano della Cgil. Che fine ha fatto?

Le battaglie spia sono, appunto, spia di una postura strategica. Il mondo di oggi ha bisogno di una diversa visione. Rimanere fermi al 1948 è un disastro.

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