La maleducazione professionale del bancario di filiale è il risultato di un rapporto psicologico top-down con il cliente debole (tra cui le piccole imprese) che si estrinseca anche attraverso l’enorme perdita di tempo per le pratiche burocratiche.

Chiamate al telefono senza risposta, appuntamenti sub-conditione (“il direttore oggi è in ferie, la settimana prossima manca il gestore, ecc”), decine di documenti (spesso inutili) richiesti, centinaia di pagine da firmare sono comportamenti da professionisti maleducati che fanno spendere agli utenti tempo e denaro per assecondare una burocrazia che, quando non si traduce in burocretinezia, risulta spesso incomprensibile anche agli stessi bancari.

Una analisi di qualche anno fa rilevò che le imprese perdono, non solo in banca, due giorni al mese esclusivamente per le pratiche burocratiche. A mio parere, ma è un mio personale convincimento, questa valutazione è molto ottimistica. Come ridurre questa incidenza per focalizzare le risorse psico-fisiche su attività più utili? Spesso le soluzioni sono tanto banali da far pensare ad una sorta di perversione nell’amministrazione delle banche. Una cosa semplice, a mio parere efficace, passa attraverso l’eliminazione delle aree di incertezza che derivano da diverse possibili interpretazioni.

Il tempo non viene infatti sprecato soprattutto nell’eseguire incombenze (anche perché prima o poi, diviene possibile automatizzarle) ma soprattutto nel capire esattamente se, come, e quando debbano essere eseguite, se in ogni caso o solo in determinate circostanze o in alcuni casi e non altri ecc. Per raggiungere questa certezza si utilizzano risorse, alimentate da una cultura aziendale orientata in tal senso, che non sempre hanno interesse a lavorare nella direzione della certezza e della semplificazione e che, a loro volta, pare vivano di continui dubbi. Chi ha avuto a che fare con un bancario conosce bene questa sensazione di “sospensione”, una sorta di limbo del sapere. Il bancario, pur vivendo a stretto contatto con il rischio, è un prudente (eufemismo).

Si sa che il sistema di regole in banca è sovrabbondante ma, nell’attesa che possa essere sfrondato (nelle mission degli istituti di credito si legge spesso che l’obiettivo è “la trasparenza e la semplificazione dei processi”), si potrebbe renderlo più affidabile e comprensibile per chi lo deve usare. Troppo complicato? Non credo. Un mezzo per costringere i regolatori del sistema bancario a un maggiore rispetto e a consentire agli operatori più efficienza sarebbe quello di adottare, ispirandoci al mai troppo lodato criterio del silenzio assenso (che obbliga quando previsto ad accelerare i propri tempi di risposta), la regola “dell’interpretazione più favorevole”.

Se la disposizione si presta a più interpretazioni si potrebbe porre in capo all’ufficio (o al responsabile) alla sua applicazione un termine affinché dia l’interpretazione che ritiene ottimale. Se l’ufficio (o il responsabile) non risponde entro il termine, l’interpretazione (nel caso specifico) sarà quella che il cliente (soprattutto impresa) riterrà per sé più utile. Al cliente-utente poi, se non sarà soddisfatto, resterebbero le altre strade eventualmente poste dall’ordinamento giuridico a tutela dei suoi diritti.

Prendiamo esempio dal legislatore inglese che, spesso e volentieri, all’interno delle norme fa anche… gli esempi di come si applicano! Questa semplice e per nulla costosa riforma va nella direzione della certezza delle regole, che comporta sicuramente sia riduzioni di costi che di tempi e potrebbe rappresentare un primo passo in grado di porre in evidenza il più complesso problema dell’interpretazione delle stesse norme.

Se le regole debbano essere molte, che almeno vi sia un criterio interpretativo. Sarebbe sicuramente un sistema per rendere il management bancario più solerte e invogliarlo a semplificare e chiarificare.

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