Devrim Akcadag è un giornalista curdo tedesco e, difficilmente, dimenticherà le sue ultime vacanze nella costa nord della Sardegna. Come hanno raccontato L’Espresso e la Nuova Sardegna e come ha denunciato il portavoce di Articolo 21 della Sardegna, lo scrittore e giornalista Ottavio Olita, Devrim si è visto recapitare il 2 agosto un mandato di cattura internazionale ed è stato condotto nel carcere di Bancali, a Sassari, accusato di complicità con il partito dei lavoratori curdi, PKK, e, dunque a giudizio di Erdogan e dei suoi magistrati, un terrorista.

Come se non bastasse per 52 giorni non ha potuto neppure rivedere la figlia minorenne che è stata allontanata, ospitata dall’associazione sarda contro l’emarginazione nel comune di Selargius. Ora è in attesa della decisione dei giudici che dovranno stabilire se accogliere le richieste del regime turco e rispedirlo a casa. Se dovesse essere rimandato in Turchia potrebbe essere condannato sino a 15 anni di galera: una condanna alla libertà di informazione, anche perché, nella Turchia di Erdogan, sono decine i cronisti ancora in carcere.

Quello che sorprende è il grande silenzio, salvo poche eccezioni, che ancora circonda l’incredibile vicenda di Devrim Akcadag e il silenzio rischia di favorire chi, da sempre, anche in Italia, vede in Erdogan una sorta di baluardo contro le migrazioni. Al presidente turco spetta il lavoro sporco, in cambio di soldi, favori e la consegna di qualche dissidente, chiedere indicazioni alla Svezia.

Da qui l’appello, rivolto da Articolo 21, a tutti i media ad illuminare la storia del cronista curdo tedesco e a promuovere una campagna contro la sua estradizione. Riusciranno le autorità italiane a balbettare qualcosa di comprensibile?

A proposito di balbettii sarebbe gradito che le medesima autorità facessero almeno finta di pronunciare il nome del cittadino Italo palestinese, Khaled El Qaisi, detenuto ingiustamente nelle carceri israeliane. Venerdì mattina alle 11, con Amnesty, sit in a Roma, viale Mazzini, davanti alla sede della Rai per chiedere che siano accesi i riflettori su questa ingiusta detenzione

Come era quella storia: “prima gli italiani?”

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“Io giornalista spiata, perquisita e arrestata in Francia per le mie inchieste. Il rischio riguarda tutti e in gioco c’è il diritto di sapere cosa fanno i governi”

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