“È come quando in Italia Renzi si è preso il Pd”, confida al Fattoquotidiano.it Stelios, arzillo 82enne da sempre militante nella sinistra ellenica e uno dei tanti greci che aveva creduto davvero alla svolta di Alexis Tsipras e di Syriza. Il commento è amaro e, al contempo, racconta di come l’elettorato progressista greco viva oggi il traumatico passaggio di consegne, dal compagno Alexis al 35enne armatore ed ex Goldman Sachs Stefanos Kasselakis. Ma da dove nasce questa svolta liberista di un partito che aveva fatto del lavoro e dei diritti i propri vessilli, anche arrivando allo scontro totale con l’Ue negli anni della crisi economica?

I motivi sono essenzialmente due. Il primo è di merito: al di là della retorica contro la troika e per una nuova idea di Europa, l’ex premier non ha costruito politiche davvero inclusive e moderne per un paese che, fino a pochi anni fa, non aveva la digitalizzazione in settori basilari come l’erario o la biglietteria per i treni. La massiccia emigrazione giovanile ellenica iniziata nel 2015 è il frutto non solo dell’austerità europea, deleteria se non sommata a politiche costruens, ma del sostanziale immobilismo di Tsipras che ha perso la battaglia storia della sinistra: il lavoro. Di contro, nelle ultime due elezioni proprio i giovani greci hanno votato per il centrodestra e oggi il governo conservatore di Kyriakos Mitsotakis avvia progetti occupazionali concreti, come il nuovo stabilimento Pfizer a Salonicco o il laboratorio di Tesla in Attica che dà lavoro a chi sceglie di tornare in Grecia.

Il secondo motivo tocca il senso più intimo della sinistra radicale: la riforma del lavoro firmata dall’ex ministro Katrugalos sotto il governo Tsipras ha avallato i famigerati tagli alle pensioni nell’ordine del 30%. Ovvero, anziché iniziare da un taglio serio degli sprechi, che in Grecia erano all’ordine del giorno, così come chiedeva gran parte della popolazione, il governo di Syriza che nelle intenzioni avrebbe dovuto sostenere gli ultimi nel difficile percorso dei memorandum, ha scelto la comoda strada della mannaia. Le pensioni colpite, va ricordato, non erano gonfiate o cumulate con altre, ma erano state regolarmente ‘pagate’ dai lavoratori con il versamenti dei contributi.

Lì le prime avvisaglie del corto circuito, sociale e poi politico, tra Syriza e la Grecia, passaggio che oggi è fondamentale sia per comprendere a fondo come nasce lo status quo anomalo per un movimento di sinistra radicale ( ora governato da un armatore che ha vissuto in Usa e non in Grecia), sia per valutarne gli effetti secondari: il riferimento è ai risultati elettorali del Kke, lo storico partito comunista greco che sfiora il record dell’8% e al Pasok di Papandreou, che torna in auge dopo essere stato svuotato (di voti e di dirigenti) da Tsipras dieci anni fa.

Kasselakis intanto è osteggiato da gran parte del ceto politico di Syriza. Secondo l’ex ministro dell’istruzione Fillis, il nuovo presidente di Syriza è un soggetto a metà strada tra Beppe Grillo e Donald Trump e addossa l’intera responsabilità di questa trasformazione antropologica del partito allo stesso Tsipras. Sembra preistoria l’ultimo comizio elettorale di Tsipras, in una piazza ateniese gremita, come mai si era visto, di tutte le fasce sociali e ideologiche, e che prometteva solennemente di cacciare la troika dalla Grecia. Oggi la Grecia ha cacciato non solo un premier o un leader di partito, ma un concittadino che non si è più risollevato dopo mille marce indietro.

@FDepalo

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