Si compiono oggi 50 anni dalla morte di un uomo che ha segnato un’epoca e che, come ci ricorda il titolo delle sue memorie postume Confesso che ho vissuto, ha attraversato da protagonista il mondo che ha fatto da cornice al suo tempo. Pablo Neruda, Premio Nobel per la letteratura 1971, colui che sapeva vestire le parole e che si spense (fu assassinato secondo la famiglia) 12 giorni dopo il golpe cha cambiò la storia del Cile.

Ricardo Eliecer Neftalí Reyes Basoalto, nome di nascita di Pablo Neruda, poeta, politico, diplomatico e intellettuale cileno, sicuramente una tra le figure intense del XX secolo. Ricardo nacque a Parral (centro del Cile) agli inizi del secolo passato (12 luglio 1904), figlio in un operaio ferroviario e di una maestra, che morì di tubercolosi solo dopo due mesi dall’averlo partorito. Dei natali modesti e sfortunati, che però non impedirono a questa mente privilegiata di studiare, trovare la sua strada e partecipare, da protagonista, alle vicende del suo contesto storico. Se Ricardo nacque nel 1904, Pablo fece la sua prima apparizione intorno al 1920, quando il giovane poeta (che si vergognava di tale condizione nei confronti del padre) cominciò ad utilizzare questo pseudonimo per i suo scritti. Il nome Pablo Neruda sostituì ufficialmente quello di battesimo solo con la sentenza di un tribunale il 28 dicembre 1946.

Durante i suoi primi studi a Temuco, città nel quale la famiglia si era trasferita dopo la morte della madre, ebbe modo di incontrare, come maestra e riferimento intellettuale, la grande Lucila Godoy Alcayaga​ (più conosciuta con lo pseudonimo Gabriela Mistral, Premio Nobel di Letteratura 1945) e si distinse già per la scrittura di alcune opere, apprezzate e premiate fin d’allora.

Nel 1921 arrivò nella capitale, Santiago del Cile, dove apprese il francese e si fece presto un nome, spiccando il volo pochi anni dopo come diplomatico. Dal 1927 fino al 1936, Neruda attraversò mondi e culture, lavorando come console nell’attuale Myanmar, in Sri Lanka, a Giava, a Singapore, a Buenos Aires, a Barcellona e a Madrid. Questi viaggi furono anche forieri di incontri, scambi e dialoghi con altri poeti e scrittori, con i quali Neruda strinse ottimi rapporti: tra questi spicca l’amicizia con Federico García Lorca (della chiamata “generazione del ’27”), il cui feroce assassinio da parte dei franchisti, nel contesto della guerra civile spagnola scoppiata il 18 luglio 1936, lo spinse ad unirsi alla causa del movimento della Seconda Repubblica.

Un Neruda già prolifico e riconosciuto negli ambienti letterari ritornò in Cile nel 1937 e, nominato di nuovo console, questa volta in Francia, si produsse in numerosi sforzi e attività per aiutare gli esuli spagnoli. Alla fine del 1940 si trasferì nel Paese di un altro grande poeta e suo amico, il Messico di Octavio Paz (Premio Nobel di Letteratura 1990).

Dopo altri viaggi, tra i quali New York, arrivò nel 1945 l’elezione a senatore della Repubblica per le province di Tarapacá e Antofagasta, l’adesione al partito comunista cileno (al quale rimarrà legato fino alla sua morte) e il conferimento del premio nazionale di letteratura cileno. Con la messa al bando in Cile del partito comunista (aprile 1948) fu costretto all’esilio e dopo varie peripezie arrivò in Europa, dove conoscerà e si innamorerà anche dell’Italia. Potrà tornare in Cile solo nel 1952, nel 1965 ricevette il dottorato Honoris Causa in Filosofia e Lettere dell’Università di Oxford e nel 1969 sfiorò la candidatura a presidente della Repubblica per il suo partito, candidatura che poi andrà al suo amico Salvador Allende. Nominato ambasciatore a Parigi, ricevette nella capitale francese la notizia della vittoria del Nobel, solo due anni prima di quel 23 settembre 1973, dove si spense in una clinica di Santiago: per il peggioramento di un cancro alla prostata oppure avvelenato dai golpisti, come sostiene la famiglia da anni.

Una vita indubbiamente piena (produzione letteraria, viaggi, premi, tre matrimoni, impegno politico e una costante curiosità) ma anche costellata di chiaroscuri e contraddizioni. Contraddizioni emerse con forza per esempio nel 2018, quando la Commissione Cultura della Camera dei Deputati del Cile propose di cambiare il nome dell’aeroporto di Santiago e di intitolarlo a Pablo Neruda. Il dibattito si centrò principalmente su due vicende che riguardano il poeta e che raccontano di uno stupro da lui commesso al tempo in cui lavorava come console in Sri Lanka (lui stesso ne parla e lo descrive senza filtri nelle sue memorie) e del modo in cui abbandonò l’unica figlia avuta con la sua prima moglie, la piccola Malva Marina Reyes Hagenaar, nata con idrocefalia il 18 agosto 1935 a Madrid e morta nel marzo de 1943 nei Paesi Bassi (4 mesi dopo la morte, Neruda contrasse il suo secondo matrimonio, unendosi a Delia del Carril).

Finalmente, se parliamo di Italia e di Neruda, oltre agli anni dell’esilio nei quali viaggiò nel nostro Paese, dobbiamo sicuramente ricordare il Premio letterario internazionale ViareggioRèpaci a lui consegnato nel 1967 e poi il mito del poeta legato ad un film diventato immortale, “Il Postino”: l’ultimo lavoro di Massimo Troisi, morto il giorno dopo la fine delle riprese il 4 giugno 1994 a Ostia. Un film diretto da Michael Radford dove troviamo anche Philippe Noiret (Neruda) e Maria Grazia Cucinotta (Beatrice Russo), adattazione del romanzo dello scrittore cileno Antonio Skármeta Ardiente Paciencia (opera pubblicata nel 1986, più conosciuta come “Il Postino di Neruda”).

Da un posto all’altro, nelle peregrinazioni dell’esilio, sono arrivato in un paese che non conoscevo e che ho imparato ad amare intensamente: l’Italia. In quel paese tutto mi sembrava favoloso, soprattutto la semplicità italiana: l’olio, il pane e il vino della naturalezza – Pablo Neruda, in Confesso che ho vissuto

La biografia dettagliata di Pablo Neruda è disponibile sul sito della Fondazione Pablo Neruda

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