di Luca Tornisello*

In un momento di profondi cambiamenti e sfide globali, l’Europa si trova ad affrontare un dilemma cruciale: la mancanza di una vera e propria sovranità impositiva. La Commissione Europea ha rivelato, in un documento di riflessione, un fatto sorprendente: su ogni 100 euro guadagnati da un cittadino europeo, ben 50 euro finiscono nelle casse del fisco nazionale, ma solo un euro contribuisce al bilancio dell’Unione Europea. Qualcuno ha ragionevolmente osservato che per meno di un caffè al giorno gli europei finanziano un bilancio destinato a gestire un’ampia gamma di settori che travalicano i confini nazionali. Questo dato mette in luce un problema di fondo, che richiede una riflessione urgente.

La crisi climatica, la pandemia da COVID-19, l’inflazione crescente e le tensioni geopolitiche, come il conflitto russo-ucraino, hanno messo in evidenza la necessità di una maggiore cooperazione e una risposta congiunta dell’Europa a queste sfide. Tuttavia, la mancanza di una sovranità fiscale europea può rappresentare un ostacolo a tale cooperazione.

Pur avvertendo una spinta ad aggregarsi, gli Stati europei non hanno mai messo in comune la sovranità fiscale e quella militare. Pertanto, il centro sovranazionale ha nel tempo proseguito a dipendere dai trasferimenti finanziari degli Stati membri, che ovviamente limitano l’autonomia nelle possibilità di intervento. Oggi, oltre il 90% delle entrate dell’Unione Europea è basato sul sistema delle “risorse proprie“, introdotte nel 1979, che tuttavia sono principalmente trasferimenti dagli Stati membri e non derivano da un’autorità impositiva europea.

Le risorse proprie includono dazi doganali, l’IVA e il reddito nazionale lordo, con quest’ultimo che rappresenta la maggior parte delle entrate dell’Ue. C’è anche una risorsa basata sulla plastica, mirata a disincentivare l’uso di prodotti monouso in plastica, che ha suscitato non poche polemiche.

La necessità di trovare nuove fonti di entrata è diventata imperativa a seguito degli eventi imprevedibili degli ultimi anni. Il fondo Next Generation Eu, del valore di 806,9 miliardi di euro (750 miliardi a prezzi del 2018), è stato creato per sostenere gli Stati membri colpiti dalla pandemia, rappresentando una svolta nella storia dell’Ue.
Tuttavia, la questione delle risorse proprie è ancora aperta.

Ad aprile 2023 il Parlamento europeo ha raggiunto un accordo per l’introduzione di due nuove risorse proprie, ossia la riforma del sistema ETS e la disciplina del nuovo CBAM. Sono invece molto lenti i negoziati relativi all’implementazione di una risorsa propria basata sul primo pilastro del quadro inclusivo OCSE/G20, con riferimento alla quale a maggio il Parlamento ha espresso grande preoccupazione. Guardando al futuro, è attesa proprio per settembre 2023 una proposta di un secondo paniere di nuove risorse.

Negli ultimi anni si è assistito a un progressivo svuotamento della fiscalità nazionale: il ciclo economico recessivo e la perdurante crisi delle finanze pubbliche hanno favorito lo spostamento dell’asse decisionale verso Bruxelles. La stessa volatilità e mobilità delle nuove forme di ricchezza rende necessario un coordinamento sovranazionale.

C’è poi un tema comunicativo. L’Unione Europea svolge un ruolo cruciale nella vita dei suoi cittadini, ma spesso questa realtà non è comunicata in modo efficace. È fondamentale che l’Ue migliori la sua capacità di comunicazione per rendere più accessibili le sue politiche. Una maggiore trasparenza può contribuire a combattere la disinformazione e a rafforzare il legame tra l’Ue e i cittadini europei.

Sfide comuni richiedono risposte comuni finanziate da risorse comuni. E questo è anche l’interesse degli Stati membri. Ma la discussione sul futuro della fiscalità europea resta aperta.

* Tirocinante presso la Commissione europea, sezione fiscalità. Si occupa di problemi giuridici legati a criminalità organizzata, fiscalità e diritti umani

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