La decisione di inviare missili Atacms in Ucraina, se confermata, seguirà il tipico processo decisionale degli occidentali nella guerra russo-ucraina: prima ci si rifiuta di fornire a Kiev alcune armi di alto profilo solo per invertire la rotta mentre la guerra si trascina. Poi, dopo che l’Ucraina ha lamentato perdite eccessive dovute al “ritardo” e la Russia è apparsa vulnerabile e incapace di reagire in modo pericoloso all’avanzamento della difesa occidentale in Ucraina, si decide di portare Kiev un po’ più vicino alla vittoria e, mutatis mutandis, Mosca più vicina alla sconfitta.

La fornitura agli ucraini degli Atacms, un sistema d’arma anni ottanta ma ancora attuale e agevole, e soprattutto dei Taurus, una tecnologia decisamente più fresca e efficace, segue insomma lo stesso iter dei carri armati di ultima o penultima generazione e degli F16, con “apparenti” conflitti interni tra politici occidentali preoccupati dall’invio troppo improvviso e drastico di un’ondata colossale di aiuti dal formidabile arsenale della Nato e la Russia che minaccia un’escalation ma poi si limita a colpire qualche obiettivo civile ucraino in più. Il che – si badi bene – è un crimine di guerra ma è anche il massimo che l’organizzazione e i mezzi delle forze armate permettono al Cremlino di tirar fuori dal cilindro.

Ma stavolta di che armi si tratta? Alla base del sistema missilistico tattico dell’esercito MGM-140, noto anche come Atacms, sta un missile balistico tattico di 4 metri di lunghezza prodotto dal colosso industriale americano Lockheed Martin. Ha un’autonomia di 300 chilometri, usa propellente solido e può essere lanciato sia dal sistema a lancio multiplo di razzi M270 cingolato (MLRS) e sia dal sistema di razzi di artiglieria ad alta mobilità M142 su ruote (HIMARS), entrambi ben noti alle truppe ucraine. Insomma, non necessita di addestramento: d’altronde, come ha detto l’ex comandante dell’esercito americano in Europa Ben Hodges, “qualunque cosa sentiamo dal Pentagono sui tempi necessari per la preparazione del personale ucraino può essere tranquillamente ridotto a un terzo o un quarto: sottovalutiamo sempre gli ucraini”.

In parallelo, a Kiev attendono anche i Taurus, missili da crociera lanciati dall’aria, prodotti da una partnership tra la tedesca MBDA Deutschland GmbH (ex LFK) e la svedese Saab Bofors Dynamics e già usati acquistati dalle forze armate di Germania, Spagna e Corea del Sud. Il missile incorpora la tecnologia stealth, utilizza quattro sistemi di navigazione indipendenti per mantenere la rotta (ed è protetto contro i tentativi di bloccarlo), ha una portata ufficiale superiore a 500 chilometri e può far a brandelli bunker rinforzati, strutture di comando, controllo e comunicazione, strutture aeroportuali e portuali; impianti di deposito di munizioni, navi e ponti. Inoltre, può penetrare diversi piani di un bunker prima che la testata vera e propria esploda: dei 600 missili Taurus della Bundeswehr potrebbero essere rapidamente pronti all’uso tra i 150 e i 300. Il loro prezzo unitario è di circa un milione di euro. Insomma, sono meno facili da gestire ma rappresentano quel che ci vuole per colpire la marina militare russa e i collegamenti stradali e ferroviari della Crimea.

La Crimea – ha aggiunto Hodges – è il terreno decisivo di questa guerra e il vero obiettivo delle nuove armi in procinto di arrivare a Kiev: “Se l’Ucraina avesse la capacità di colpire obiettivi in Crimea, soprattutto a Sebastopoli, Saky e Dzankoy, questi luoghi diventerebbero insostenibili per le forze russe. Atacms e Taurus daranno all’Ucraina questa capacità”.

L’analista geopolitico e militare Renato Scarfi, un alto ufficiale della nostra marina, sentito in merito all’utilità delle nuove armi, sostiene che bisogna vedere se vengono solo consegnati per avere un effetto deterrente (allungare per precauzione le linee di rifornimento russe, allontanando i depositi dalla linea del fronte) o se viene data loro anche l’autorizzazione a usarle in combattimento, vale a dire per puntare alla vittoria. Nel primo caso potrebbero influire sui tempi di ricostituzione dei reparti/riserve di munizioni russe dopo gli attacchi, rendendo magari più efficace la pressione ucraina. Nel secondo caso, invece, sarebbe da prevedere una reazione russa il cui livello non è, al momento, ipotizzabile (è da escludere comunque l’arma atomica).

D’altronde, come ben ricorda il suo collega statunitense, Francia e Regno Unito in un recente passato hanno aiutato gli ucraini a colpire più in profondità e i russi non hanno fatto nulla, anche perché per scatenare una guerra nucleare ci vogliono politici disposti a morire per primi loro stessi. In conclusione, anche colpendo con missili di lungo raggio occidentali obiettivi in Crimea, il rischio di escalation è molto remoto.

david.rossi.italy@proton.me

Articolo Precedente

Terremoto in Marocco, il racconto degli sfollati: “Da tre giorni dormiamo all’aperto, al freddo. Ma i soccorsi ancora non si sono visti”

next
Articolo Successivo

Incontro tra Putin e Kim Jong-un: “Aiuteremo la Corea a costruire satelliti”. Pyongyang: “Noi con Mosca nella lotta all’imperialismo”

next