In Marocco la conta dei morti non è ancora finita. Mentre si scava senza sosta, anche a mani nude, per cercare di trovare ancora vita sotto i cumuli di macerie, dopo il violento terremoto che ieri ha distrutto la zona a sud di Marrakech, il numero delle vittime continua a salire. Secondo l’ultimo drammatico bollettino sono 2.122 le vittime accertate, mentre i feriti sono 2.421. Il sisma, il più violento mai registrato nella storia del Paese magrebino, ha devastato interi villaggi e quartieri sbriciolando case e palazzi. In particolare nella provincia di Al-Haouz, dove sono stati registrati oltre 1.300 morti. Proprio in quelle zone rurali e remote, epicentro del sisma, la macchina dei soccorsi fa ancora fatica ad arrivare e molte aree restano tuttora isolate.

Intanto la terra ha continuato a tremare e questa mattina sono state avvertite a Marrakech e nelle città circostanti nuove scosse di terremoto, probabilmente di assestamento. Secondo l’European Mediterranean Seismological Centre (Emsc) alle 9 ora locale, le 10 in Italia, è stato registrato un terremoto di magnitudo 4.5 a 88 chilometri da Marrakech a 77 chilometri di profondità, e alle 10 ora locale, le 11 in Italia, è stata avvertita un’altra scossa di magnitudo 3.9, con un ipocentro localizzato a una profondità di 10 chilometri. Anche a causa di queste nuove scosse, il collegamento tortuoso tra Marrakech e le montagne dell’Atlante è ancora interrotto e danneggiato. “Le prossime 24-48 ore saranno fondamentali”, ha ricordato Caroline Holt, direttrice delle operazioni della Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.

Il re del Marocco Mohammed VI, che secondo i media era in Francia al momento della prima scossa per delle cure mediche, ha proclamato tre giorni di lutto nazionale. Nel frattempo però, nonostante la ricerca dei dispersi sia ancora in corso, nel Paese si cominciano a seppellire i morti. La cremazione, infatti, non è consentita e in genere i fedeli della religione islamica vengono sepolti entro 24 ore dalla morte o comunque entro il minor tempo possibile.

Il Centro per la ricerca scientifica e tecnica del Marocco ha individuato l’epicentro della scossa principale nel villaggio di Tata N’Yaaqoub, nella provincia di Al-Haouz: una zona montuosa che si trova a una settantina di chilometri da Marrakech, patrimonio Unesco dell’Umanità, dove le parti più fragili delle mura che circondano la medina sono crollate, così come il minareto di una piccola moschea. La scossa – durata 30 secondi che a molti sono sembrati “un’eternità” – è stata avvertita lungo tutta la dorsale dell’Atlante e dall’altro versante della catena montuosa a Casablanca fino a Rabat, e ha provocato danni nel raggio di oltre 400 km. Il moto ondulatorio è stato sentito anche nella vicina Algeria – che al momento non ha segnalato vittime né danni – ed è arrivato fino al sud della Spagna e delle Canarie.

Mentre il re Mohammed VI ha chiesto alle autorità e ai cittadini di pregare in tutte le moschee del Regno, intanto è montata la polemica per gli aiuti. Il Marocco avrebbe accettato squadre di soccorritori soltanto da quattro Paesi – la Spagna, il Regno Unito gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar – mentre tutte le altre persone che stanno aiutando sono volontarie. La denuncia è arrivata anche dal presidente della Ong francese Secouristes sans Frontières, Arnaud Fraisse: “Normalmente avremmo preso un aereo che decollava da Orly un minuto dopo il sisma. Purtroppo non abbiamo ancora l’accordo del governo marocchino”. Da molti Paesi è comunque partita la gara di solidarietà. L’Algeria ha proposto un piano urgente per fornire aiuti, qualora Rabat volesse accettarlo visto i rapporti con i vicini. L’Italia, tramite il ministro degli Esteri Antonio Tajani, si è detta pronta a inviare aiuti e team sanitari così come hanno fatto la Francia, la Turchia e gli Stati Uniti. Anche Papa Francesco ha voluto esprimere con dolore la solidarietà “a coloro che sono toccati nella carne e nel cuore da questa tragedia”, augurandosi la pronta guarigione per i feriti.

Nel Paese erano presenti anche 500 italiani che, ha fatto subito sapere il vicepremier, non sono rimasti coinvolti. Tajani, già nella giornata di ieri, ha invitato i connazionali presenti in Marocco a non recarsi all’aeroporto di Marrakech se non in possesso di biglietto, per non intasarlo ulteriormente, ma a sfruttare gli altri scali aerei del Paese per cercare di rientrare in Italia.

Intanto i social stanno restituendo decine di filmati di telecamere di sorveglianza in cui si vede l’esatto momento – erano le 23.11 di un venerdì sera ancora estivo – in cui la vita all’aperto, fatta di passeggiate e giochi di piazza, passa dalla normalità ai muri che si sbriciolano alzando colonne di polvere e alla fuga precipitosa. Qualcuno è stato colto nel sonno, chi non è rimasto sepolto ha cercato la salvezza per strada, accampandosi poi per la notte come poteva. La vasta area del Paese colpita è molto frequentata dai turisti, anche italiani.

E mentre le operazioni di soccorso continuano senza sosta, in molti hanno risposto all’appello delle autorità a donare sangue per i feriti, con lunghe file davanti ai centri trasfusionali. Organizzazioni internazionali e associazioni benefiche di tutto il mondo si sono già attivate, ma le previsioni sono drammatiche: secondo la Croce Rossa internazionale “il Marocco potrebbe aver bisogno di aiuto per mesi. Se non anni”.

Articolo Precedente

Ucraina, in un anno e mezzo quasi 10mila morti tra i civili: il confronto con le vittime di altre guerre, dalla Cecenia alla Siria

next
Articolo Successivo

“Siamo nella sofferenza”, la transizione di regime in Niger pagata a caro prezzo dai ‘piccoli’

next