Cambiare il monitoraggio sui casi di Covid, sottolineando i numeri dei malati che finiscono in ospedale. È quello che chiede Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico dell’INMI Spallanzani. “Nelle ultime settimane- dice – c’è una ripresa dei casi per l’emergere delle nuove sottovarianti e per gli effetti della stagione estiva, gran parte sono infezioni lievi. La malattia per la persona giovane adulta e sana è clinicamente non rilevante. Al contrario, nei fragili, grandi anziani e immunodepressi, il Covid rimane un problema. Per questo si dovrebbe passare ad un monitoraggio che si concentri sui casi ricoverati in ospedale, sui casi gravi”. Il direttore del Dipartimento clinico, in pratica, chiede che “il monitoraggio oggi si focalizzi non tanto sull’infezione ma sulla malattia“. “In merito al monitoraggio – prosegue Antinori – e all’interpretazione dei dati, sarebbe auspicabile passare a un sistema che più che misurare i nuovi casi o l’incidenza, che raffigurano l’andamento della malattia nella popolazione generale, dove il virus oggi non dà problemi, si concentri sui casi ricoverati in ospedale, sui casi gravi. Seguendo l’evoluzione della pandemia, anche il monitoraggio dovrebbe oggi focalizzarsi non tanto sull’infezione ma sulla malattia. Per caratterizzare quella che è oggi la popolazione a rischio, e concentrare su queste persone gli interventi di sanità pubblica”.

Chiede maggiore attenzione anche Alberto Mantovani, presidente di Fondazione Humanitas per la Ricerca e direttore scientifico Humanitas. “La percezione e la preoccupazione che abbiamo è quella della stanchezza vaccinale, è un generale in tutto il mondo che si traduce in una riduzione della copertura”, ha spiegato intervenendo a Il tempo delle donne, promosso dal Corriere della Sera. “Insieme dobbiamo vaccinarci contro la stanchezza vaccinale. A livello scientifico la consapevolezza invece è grandemente aumentata”, ha aggiunto. In merito a quello che ci possiamo aspettare da autunno e inverno Mantovani ha spiegato che “nessuno di noi sa ancora cosa possiamo aspettarci perché non abbiamo i dati. In generale per tutte le infezioni respiratorie l’autunno e l’inverno sono il periodo più critico, quindi siate preparati”. Il direttore scientifico di Humanitas ha ricordato che “l’Organizzazione mondiale della sanità ha espresso preoccupazione per l’aumento dei numeri, più di questo credo che non possiamo dire, se non raccomandare di vaccinare le persone più deboli della nostra comunità, le persone immuno compromesse e le persone anziane. La stanchezza vaccinale è in generale su tutti i vaccini. Pensiamo al fatto che le persone anziane si vaccinano in modo insufficiente contro l’herpes e contro lo pneumococco, molti dei morti che abbiamo ogni anno associati a influenza sono in realtà da infezione con pneumococco”.

Auspica maggiore vigilanza sui più fragili pure Giovanni Rezza, infettivologo ed ex capo della Prevenzione del ministero della Salute. “Il fatto che sia stata dichiarata la fine della pandemia non vuol dire che il Covid non c’è più. Dobbiamo lavorare per proteggere le persone fragili anche nelle strutture sanitarie”, ha spiegato a Repubblica. “Gli italiani hanno rimosso il Covid, e non solo loro. C’è una tendenza generale a farlo”. Ma “abbandonare del tutto qualsiasi misura volontaria di prevenzione non è una cosa giusta – avvisa Rezza -. Non è una questione di allarmismo, ma l’infezione a qualcuno può far male o comunque non essere una passeggiata”, continua l’ex dirigente della Prevenzione. Che poi spiega come dal suo punto di vista non ci sia “bisogno di misure di prevenzione obbligatorie”. L’infettivologo ha poi difeso l’uso delle mascherine: “Chi le mette non deve essere stigmatizzato. In aereo o su un altro mezzo di trasporto affollato, ad esempio, la metto”.

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