Un gol è bello, l’altro decisamente bello…la domenica vissuta dai tifosi dell’Avellino al Partenio 40 anni fa, forse, la più bella della storia. Tant’è che il ricordo dell’11 settembre 1983, con l’Avellino che alla prima di campionato in casa schianta il Milan di Castagner per 4 a 0, porta ancora sorrisi e affetto per Alberto Bergossi ogni volta che torna nel capoluogo irpino. Autore di una doppietta, col primo e il terzo gol di quella domenica, Bergossi non dimentica: “Una sensazione stupenda: ricordo quella giornata con grandissimo orgoglio anche perché erano i primi tempi che giocavo in Serie A. Vincere col Milan non se l’aspettava nessuno…per 4 a 0 poi men che meno, ma la verità è che avevamo fame”.

Quella domenica…e tante altre in quella piazza biancoverde piccola e mai doma, che negli anni ’80 vedeva puntualmente le grandi pagare dazio: “Racconto un aneddoto – dice Bergossi – io ero arrivato l’anno prima e dovevamo giocare la prima in casa contro l’Ascoli. Eravamo in ritiro al Jolly Hotel in centro città (oggi si chiama Viva Hotel, nda) ed io ero in stanza con Tagliaferri (ex capitano, scomparso nel 2006 in un incidente stradale, nda). Tirai su la tapparella della camera alle 8 e 30 del mattino e c’era il piazzale strapieno di migliaia di tifosi con le bandiere che volevano salutarci e incitarci. Quella partita la vincemmo poi 2 a 0, ma io una cosa del genere non l’ho mai più vista. La partecipazione che ho trovato ad Avellino mi rimane impressa ancora oggi”.

Eppure se ne sentirebbe il bisogno di quel trasporto, nel calcio di oggi: “Difficile però replicare adesso qualcosa del genere: in quell’Avellino arrivavano giovani come Tacconi, De Napoli, Favero, Vignola, che avevano fame, giocavano e dimostravano di essere forti e poi passavano alla Juve o al Napoli dove erano titolari inamovibili e vincevano. E vogliamo parlare degli stranieri? Ne arrivavano due ma si chiamavano Ramon Diaz, il centravanti della nazionale argentina e per quel che mi riguarda il più forte tra gli stranieri con cui ho giocato assieme a Cowans (a Bari, nda), o Barbadillo. Oggi è molto diverso”.

Squadre come Avellino che si trasformavano in vere e proprie palestre, di calcio e di vita: “In quel periodo, era l’inizio degli anni ’80, Avellino veniva dal terremoto disastroso che l’aveva colpita: c’era una gran voglia di riscatto e la squadra di calcio era un mezzo ideale per quella gente. Infatti allo stadio venivano tantissime donne e bambini: tutta la Provincia era legata a quella squadra e automaticamente sentivi una responsabilità maggiore, anche se giovane, anche se straniero”.

E su giovani e stranieri Bergossi, che oggi è procuratore e anche avvocato, interverrebbe per cambiare: “Di stranieri ne arrivano troppi e naturalmente lo dico senza avere alcunché, anche da procuratore, contro l’arrivo di calciatori stranieri, anzi posso dire che dai miei ex compagni di altra nazionalità ho ricevuto tantissimo. Però è vero che con la cultura del risultato che si è instaurata si tende a curare sempre meno i vivai e di conseguenza di giovani forti e pronti ne emergono pochi. Per contro non tutti i calciatori stranieri che arrivano sono forti come quando giocavo io e c’erano Platini, Van Basten, Maradona e altri campioni stratosferici. Io di calciatori oggi ne vedo tanti e vedo tanti giovani: non è un caso se Under 20 e Under 19 fanno ottimi risultati…secondo me non manca il materiale, manca il coraggio”.

E allora magari si dovrebbe investire proprio in quella provincia all’epoca fucina di campioni e anche palestra di vita, con l’orgoglio locale che contagiava e forgiava il carattere e gli stadi che diventavano terra amara per le grandi, che oggi invece usano quasi sempre le provinciali come sparring partner, vista l’enorme sproporzione di forze: “Assolutamente – dice Bergossi – sarebbe molto salutare per il calcio di oggi puntare a valorizzare la provincia. Una piazza come Avellino oggi? Certo, Avellino stessa, che mi auguro ritorni in Serie A”.

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