Nel verso-icona di Panos Kyparissis le immagini riaffiorano da una doppia memoria: quella personale e quella storica, inscindibili ma pur sempre distinguibili nel percorso di ricostituzione del presente. Le immagini si accostano e ci pare di percepirle nel loro cercare una posizione nella logica del tempo, nel tentare di evadere da una sua smagliatura, e rivivere nel e del presente. Tutta la poesia di Kyparissis si muove scolpendo nella luce, con sprazzi d’illuminazione, la densità del ricordo; lo scuote e ne increspa la superficie, portandone l’eco vitale. Da lì poi il difficile compito di adoperare la memoria come medium per una redenzione laica, per liberare ciò che è imbrigliato e non trova più posto, se non – fino a un attimo prima – nell’ingombro di residui di dolore. La poesia di Kyparissis è un atto psicomagico di liberazione, una formula ripetuta ma sempre nuova con cui l’uomo possa giungere alla propria natura luminosa.

C.C.

La regola del gioco

La maggior parte dei miei amici
è rimasta uccisa giocando:
con un fucile
con una matita
con una ragazza

Mare privato

Nell’acqua e nelle foglie
fino in fondo

L’albero della gioventù ci ha inabissati

Che ne è stato di quei sogni
e delle bandiere levate
I boschi bruciati
faranno processione della cenere col vento

S’adagia tranquilla ora la pioggia

E tuttavia si muove la gente sopra il mare
Risate e colori
e vele issate

Di nuovo a oriente
verso un mare che non muta
che non speri
e tuttavia ti ostini

Il periplo

Traverso il lago
tagliuzzandomi il corpo
le canne e l’erba
Si riduce questo luogo
inghiottendolo
di continuo antiche acque

Risplende la morte pompando luce
Porte aperte
cortili, megafoni
etere e stampelle
Gli altri di corsa nelle divise
con il cucchiaio in tasca
e un alibi certo
Uguali le strettoie
Corpi piantati
e accanto due braccia
fiorite sopra al verde
le piega il vento
indirizzando il polline come vecchio ammonimento
sulle colline

Una sola cosa resiste
Ciò che trattieni ostinato dentro di te

Senza risposta

A volte si infuriano i morti che mi porto dentro
mi rimescolano
Quali interessi mi stuzzicano
che li dimentico
e quale sottomissione
Rifletto su quanto sangue ci vuole
per riavere questo fermento
Quante maniche sollevate

Escono di notte sulla battigia
sotto i pini e narrano

Vicoletti bagnati dalla luce
persi nelle pianure vuote
in mezzo all’erba secca
Voci che si accompagnano al vento
Corpi passati, forti
col loro maglio invulnerabile

E rifletto
per come ho imparato
con la paura della mente in pericolo

Qual era la colpa?

Ogni cosa si arresta attorno a me tagliente
e incrollabile

Le poesie sono tratte dal volume antologico Panos Kyparissis, ed. ΓΚΟΒΟΣΤΗ, 2020, a cura di Maria Psàchou

***

Panos Kyparissis è poeta e regista greco. È nato a Oxia, Ioannina nel 1945. Ha studiato matematica e filologia all’Università di Atene, e teatro alla Scuola di recitazione del teatro d’arte Karolos Koun. Ha lavorato come insegnante di filologia e matematica nell’istruzione secondaria, come attore, ma anche come insegnante di recitazione. Ha diretto per il teatro, il cinema e la televisione di stato. Ha tradotto Euripide, Aristofane, Sofocle, Federico Garcίa Lorca e Jean-Paul Sartre. Nel 2014 gli è stato conferito il Premio statale di poesia. Le sue opere sono state tradotte in inglese, francese, tedesco, spagnolo, italiano, bulgaro e ceco. Si occupa di scultura e pittura e le sue opere sono esposte in mostre personali e collettive.

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