Antonio Di Lollo aveva 46 anni e faceva l’imbianchino. Gianfranco Amabile era poco più grande ed è morto, avvolto dalle fiamme, sotto gli occhi del figlio. Martedì Andrea Monti è precipitato per dieci metri dal tetto di un capannone, mentre stava facendo un sopralluogo. Domenico Corcelli è stato travolto dal cestello dell’autogru, mentre Massimo Crepaz è deceduto in montagna, schiacciato mentre stava effettuando lavori di manutenzione di una funivia. Alfonso Gisini, invece, è stato travolto da un muro di mattoni di una palazzina Ater di Corchiano, nel Viterbese. Gianfranco Corso lavorava per una ditta di spurghi ed è rimasto intossicato dai fumi in un pozzo, a diversi metri di profondità, mentre tentava di aiutare un collega. Martedì sera, a Marcianise, nel Casertano, Giuseppe Borrelli è morto schiacciato in una fabbrica: aveva 51 anni, una frattura al collo gli è stata fatale. Nella settimana della strage di Brandizzo, dove sono morti Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Saverio Lombardo e Giuseppe Aversa mentre effettuavano la sostituzione di un binario, ci sono altre otto storie da raccontare. Caduti sul lavoro anche loro. Chi folgorato o bruciato, altri precipitati o schiacciati.

È la strage dei singoli che fa meno notizia, ma che vittima dopo vittima riempie le fredde statistiche dell’Inail. Si contano 450 infortuni mortali sul lavoro nei primi sei mesi del 2023: in 346 sono deceduti mentre svolgevano le loro mansioni, gli altri mentre coprivano il tragitto che li portava sul posto di lavoro. A conti fatti, le cinque vittime di Brandizzo e gli altri sette lavoratori che hanno perso la vita da Belluno a Bari non sono l’eccezione né la “settimana nera”. Ma gli ultimi nomi di una lista che si riempie con frequenza stabile dal 3 gennaio, quando in Sardegna morì Davide Da Costa, operaio di 22 anni travolto da un camion mentre lavorava alla sistemazione dell’asfalto lungo la provinciale Buddi Buddi. Nel mezzo restano le parole al vento di chi chiede maggiore sicurezza e la sequela di “inaccettabile” e “basta” messi in fila da istituzioni e politica. I tredici morti degli ultimi giorni e tutti gli altri degli scorsi mesi, spesso taciuti e dimenticati, sono un ripetuto, quotidiano e silenzioso “oltraggio ai valori della convivenza”, come l’ha definito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

È un oltraggio la morte di Antonio Di Lollo, morto folgorato mentre era al lavoro in uno stabilimento di imbottigliamento di pomodori sulla statale 17 in Alto Sangro, nell’Aquilano. L’operaio ha urtato i cavi dell’alta tensione rimanendo vittima di una scarica elettrica. Faceva l’imbianchino e viveva insieme alla moglie e alla figlia a Roccaravindola, una frazione di Montaquila, in Molise. Adesso del suo decesso si occupa la procura di Sulmona, che dovrà ricostruire cosa è accaduto nel pomeriggio del 31 agosto in quella ditta di Castel di Sangro. Nelle stesse ore ha perso la vita Gianfranco Amabile, 48 anni, investito dalle fiamme mentre lavorava sul tetto di un capannone di un’azienda di Ponte San Marco, nel Bresciano. Stava riparando la struttura dai danni causati dalle grandinate delle scorse settimane.

Era il titolare di un’azienda edile e accanto a lui aveva il figlio di 27 anni, il primo a lanciare l’allarme. Lo hanno soccorso e trasportato in condizioni disperate all’ospedale Borgo Trento di Verona. Si è spento dopo 24 ore a causa delle ustioni di secondo e terzo grado su tutto il corpo. Aveva una passione per la politica che lo aveva portato in consiglio comunale a Bedizzole, nel Bresciano, in quota Lega, ed era anche presidente dell’Associazione nazionale bersaglieri dello stesso paese. A distanza di quattro giorni, non si sa ancora cosa abbia causato l’incendio che lo ha avvolto. Nel frattempo, ci sono purtroppo altri quattro epitaffi da scrivere. Il 4 settembre Domenico Corcelli e Massimo Crepaz sono morti a Corato, nel Barese, e nel nel comprensorio di Arabba, in provincia di Belluno.

Il primo, 46 anni, è stato travolto dal cestello staccatosi dall’autogru con la quale stava effettuando dei lavori in un terreno. Crepaz, 57 anni, originario di Livinallongo del Col di Lana, lavorava invece in una ditta che si occupa della funivia che porta al rifugio Padon. Questa è la stagione della manutenzione e l’uomo era su un pilone insieme a un collega: il moschettone dell’imbracatura, secondo quanto ricostruito finora, è rimasto impigliato e l’operaio, dipendente della Funivia Arabba, è stato trascinato dentro al sistema di elementi rotanti, rimanendone schiacciato. Nelle stesse ore ha perso la vita anche Alfonso Gisini, travolto da un muro di mattoni a Corchiano, vicino a Viterbo. Aveva 54 anni ed era nato a Giugliano, faceva l’operaio e stava lavorando in una palazzina Ater quando una controparete ha ceduto travolgendo lui e un collega che si è salvato. Trasportato in condizioni gravi all’ospedale Gemelli di Roma, è deceduto martedì 5. A meno di 24 ore dall’incidente, ecco l’ennesimo nome della spoon river di morti di lavoro: Andrea Monti, 53 anni, titolare della Quattro separator, azienda che sviluppa e produce separatori centrifughi, decanter ad alte prestazioni e impianti per la separazione solido-liquido. È morto dentro la sua fabbrica cadendo dentro un lucernario. Era su un tetto per un sopralluogo, in vista dell’istallazione di pannelli fotovoltaici, quando ha ceduto una lastra in plexiglass, facendolo precipitare per dieci metri. La caduta non gli ha lasciato scampo.

Non c’è stato nulla da fare anche per l’operaio 50enne Gianfranco Corso che mercoledì scorso era rimasto intrappolato a nove metri di profondità in un pozzo al santuario Madonna di San Polo a Lonato del Garda, nel Bresciano. Dipendente di una ditta di spurghi, si era calato per aiutare il collega che era con lui e si era sentito male per i fumi tossici nel pozzo. È morto agli Spedali Riuniti di Brescia martedì dopo una settimana d’agonia. Martedì sera l’ultima vittima, Giuseppe Borrelli, 51 anni, schiacciato mentre lavorava alla Comet Sud, azienda del settore automobilistico: è stato colpito alle spalle da un carrello elettrico che lo ha spinto sulla parete di una vasca. La sua famiglia era storicamente impegnata nel settore florovivaistico, lui aveva scelto una strada diversa per dare maggiore sicurezza alla moglie e alla figlia. Ha trovato la morte in fabbrica.

Twitter: @andtundo

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