In Italia gli arrivi di migranti via mare sono 115 mila (dati del Viminale al 5 settembre 2023), a un passo dai 119 mila registrati nel 2017 e ormai in linea con il 2016, anno record che contò 181.436 sbarchi. Ma non è tutto. I primi sei mesi di quell’anno segnarono anche il record di richieste di asilo ai Paesi Ue, con 633.184 domande presentate tra gennaio e giugno. Da allora non si è più superato il mezzo milione, fino a quest’anno. Nei primi sei mesi del 2023 sono state infatti 519.414 le domande presentate nei Paesi Ue, il 28 per cento in più rispetto all’anno scorso. Secondo l’Agenzia europea per l’asilo (Euaa) potrebbero superare il milione entro la fine dell’anno, come accaduto solo nel 2015 e 2016 sotto la spinta della crisi siriana. Ma se nella prima metà del 2023, riporta l’Agenzia europea della Guardia di Frontiera e Costiera (Frontex), l’unica rotta in crescita è quella del Mediterraneo centrale che porta in Italia, le richieste di asilo non vedono il nostro Paese al primo posto per numero di domande di asilo. Al contrario, il primato dell’Italia riguarda l’incapacità di processare le richieste in tempi ragionevoli, contribuendo più degli altri Stati Ue ad aumentare il numero dei casi pendenti che, per la prima volta dal 2016, hanno superato i 600 mila.

Se in un primo momento l’esecutivo Meloni aveva detto di non contare sulla solidarietà europea e sull’ipotesi di una redistribuzione dei richiedenti tra Paesi Ue, come dichiarato dal ministro degli Interni Matteo Piantedosi ai primi di giugno, alla luce degli oltre 25mila sbarchi di agosto il governo è già tornato a lamentarsi di un’Unione europea che non fa la sua parte. Perché il rischio che la maggioranza che aveva promesso il blocco navale debba intestarsi l’anno con il maggior numero di sbarchi di sempre è concreto. Il governatore del Veneto Luca Zaia lo dà già per scontato: “A fine anno saranno 200mila”. Secondo Frontex, nei primi sette mesi dell’anno gli attraversamenti irregolari alle frontiere esterne dell’Ue sono aumentati del 13%, mai tanti dal 2017. Secondo l’Agenzia, a contribuire è innanzitutto la rotta mediterranea che punta all’Italia, mentre le altre rotte avrebbero registrato una flessione. Tuttavia non è l’Italia a subire la maggiore pressione in termini di richiesta di protezione internazionale. Delle 519 mila domande registrate fino a giugno, 154.677 (30%) sono state presentate in Germania, 86 mila in Spagna (17%) e 81 mila in Francia (16%). All’Italia spetta il 12% di tutte le domande presentate in Europa nel primo semestre 2023, per un totale di 62.484 con Bangladesh, Pakistan ed Egitto a rappresentare i principali Paesi d’origine degli stranieri che fanno richiesta d’asilo.

Insomma, l’Italia è attualmente il Paese Ue più esposto agli arrivi ma non quello dove i migranti intendono presentare domanda di protezione, come dimostrano anche le intenzioni di chi entra nel nostro Paese attraverso la rotta balcanica: tra il 60 e 70 per cento dichiarano di voler proseguire verso altri Stati Ue. Al contrario, l’Italia fa peggio di Germania, Spagna e Francia quanto a capacità di processare le domande. Nei primi sei mesi dell’anno i casi pendenti in Germania sono quasi 177 mila a fronte delle 154 mila domande presentate (114%). In Spagna sono 132 mila a fronte di 86 mila domande (151%) e in Francia sono appena 48 mila a fronte delle 81 mila domande (59%). In Italia, invece, i casi pendenti sono 119 mila su 62 mila domande, il 191%. Anche al netto di quanti sbarcano sulle nostre coste ma non presentano in Italia la richiesta d’asilo, la nostra pubblica amministrazione non si dimostra all’altezza di gestire la procedura in tempi ragionevoli. Impossibile non ricordare la carenza d’organico dello stesso Ministero dell’Interno e le difficoltà operative degli uffici immigrazione. Così aumentano i costi e la permanenza dei richiedenti in un’accoglienza disorganizzata, ancora basata sull’emergenza mentre il sistema ordinario resta sottodimensionato e a macchia di leopardo. Che sia perché nel frattempo i rimpatri degli irregolari procedono a spron battuto? Nemmeno per sogno. Nel Dossier Viminale 2023 sull’attività del Ministero dell’Interno aggiornata ai primi sette mesi dell’anno i rimpatri sono appena 2.561, in linea con il sostanziale fallimento dei centri per il rimpatrio registrato in tutti gli anni precedenti: nell’intero 2021 i rimpatriati erano stati 4.321 e nell’intero 2020 furono 4.408.

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