di Paolo Pastres

Le cosiddette rivelazioni di Giuliano Amato sulla strage di Ustica non aggiungono granché di nuovo rispetto a quanto già si conosce (a parte quella su Gheddafi avvertito da Craxi, poi smentita dal figlio Bobo). Lo dice anche Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime. Tra l’altro è sufficiente dare un’occhiata a Wikipedia, tanto per dirne una, laddove si parla espressamente di un missile francese che, per conto della Nato, doveva abbattere un Mig libico nel quale si presumeva ci fosse Gheddafi e si smentisce con argomentazioni che vi fossero stati esplosioni dall’interno dell’aereo a determinarne la disgregazione.

All’epoca della strage, Amato era ministro dell’Interno. Egli, nell’intervista a Repubblica, parla di “generali” che si dettero da fare perché lui sostenesse la versione dell’attentato terroristico, senza peraltro identificare quali fossero questi generali e per conto di chi, entro lo Stato e/o al di fuori dello Stato, agissero.

Tuttavia c’è una cosa che desta perplessità. Il fatto che l’ex ministro dell’Interno si sia determinato a dire oggi, dopo 43 anni dai fatti, ciò che poteva essere detto subito, magari suscitando reazioni senz’altro avverse nell’opinione pubblica, ma tuttavia dando prova di trasparenza e di assunzione di responsabilità. Ovviamente ciò vale anche per tutti gli altri attori apparentemente implicati nell’abbattimento dell’aereo dell’Itavia. Allora sembra doverosa una domanda ad Amato: per quale motivo oggi fornisce una versione dell’attentato di Ustica in contrasto con quella che rilasciò alla stampa all’epoca, cioè della famosa bomba lasciata nella toilette dell’aereo? Assumiamo che quanto esposto da Amato a Repubblica sia (almeno parte della) verità, chi e che cosa lo portò a mentire allora e a farsi carico di tali menzogne per 43 anni?

E, in ultima analisi, perché si è deciso a parlare oggi? Se la posta in gioco è il raggiungimento della verità su Ustica, ne consegue che dovrebbe dire tutto ciò che sa su quei fatti: senza dirne alcuni, peraltro risaputi, e tralasciarne altri (i famosi “generali”).

Per carità: posso incorrere in errore. Tuttavia quando una persona, che ha avuto un ruolo importante nella gestione della Cosa Pubblica, dice mezze verità, utilizzando il clangore mediatico che può dare un quotidiano a larga diffusione come Repubblica, allora il sospetto che mi viene è che si voglia parlare alla suocera perché la nuora intenda, facendo balenare la possibilità che di più si potrebbe dire e non solo su Ustica. E’ questo un abbaglio? Me lo auguro. Anche perché mi piacerebbe sapere chi sia la nuora (ammesso che ve ne sia una sola) e che cosa dovrebbe intendere.

Un’ultima considerazione. Dalla versione di Amato emerge un profilo dell’Alleanza Atlantica assai poco rassicurante, che è quello di un’organizzazione tutt’altro che difensiva, ma che è pronta ad usare ogni mezzo per abbattere personaggi ad essa sgraditi. Un profilo che contrasta con l’immagine manichea di una Nato buona e tutti gli altri cattivi. Una Nato che non dimenticherebbe, dal momento che la tagliola a Gheddafi scattò 21 anni dopo Ustica, con la guerra civile in Libia, nella quale proprio la Nato ebbe una parte determinante. La domanda sorge spontanea: quante “Ustica” vi sono state e vi sono tuttora nel mondo?

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